Tre anni con i giovani in Iraq

2 February 2017, 14:37

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Si concludono tre anni di lavoro del nostro programma “Youth Spring Across Ethnicities”, grazie al quale abbiamo costruito 4 Centri giovanili nel Kurdistan iracheno.

 

Promuovere il dialogo tra società civile, autorità locali e istituzioni in Iraq. Offrire spazi di condivisione ai giovani iracheni, soprattutto quelli appartenenti alle minoranze: cristiani, ezidi, kakai, shabak, turcomanni. Accompagnare i ragazzi sfollati e rifugiati nel loro percorso di ricostruzione della vita.

Costruire insieme Centri giovanili, in cui le peculiarità di ogni comunità fossero considerate una ricchezza per la società irachena, un tempo mosaico di civiltà, culture, religioni.

Era questo l’obiettivo con cui tre anni fa avevamo lanciato il nostro progetto “Youth Spring Across Ethnicities”, sostenuto da Unione Europea, CEI, Ufficio Otto per Mille della Tavola Valdese e Provincia Autonoma di Bolzano, e portato avanti in partenariato con ARCI Toscana.

Dopo intensi mesi di lavoro e moltissime attività organizzate, i Centri giovanili in Iraq oggi sono 4: a Dohuk, Erbil, Sulaymaniyah e Zummar.

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Lavoro che si è concluso lo scorso 21 gennaio con un grande conferenza ad Erbil, cui hanno partecipato 150 ragazze e ragazzi, volontari e membri dello staff.

Presenti anche l’ambasciatore dell’Unione Europea in Iraq, Patrick Simmonet, le autorità locali del Kurdistan iracheno (il Ministero dei Giovani, quello della Cultura e il Dipartimento per l’Arte e lo Sport), i rappresentanti dei Comuni della Valdera, di ARCI Toscana e di Al Mesalla (partner di progetto) e tante organizzazioni internazionali e locali.

Lo staff dei 4 Centri giovanili, grazie a questo evento, ha avuto l’opportunità di confrontarsi con le autorità locali e internazionali per chiedere supporto e sostegno alle loro attività.

Il percorso che ha portato all’organizzazione della conferenza è nato dall’idea di produrre anche una Carta dei Centri giovanili (scaricabile qui), che rappresenta i valori imprescindibili sui quali l’attività dei ragazzi si fonda, primo tra tutti l’indipendenza da qualsiasi autorità politica.

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Lo staff e i volontari, infatti, hanno creato in questi anni spazi di libertà all’interno delle strutture che gestiscono, in cui poter esprimere liberamente opinioni e idee, facilitando l’integrazione tra giovani provenienti da background culturali diversi.

Un’atmosfera che ha favorito anche l’interazione tra generi: specialmente nel Centro di Zummar, il numero di ragazze che partecipano alle attività è aumentato notevolmente negli ultimi mesi, segno che il Centro è stato riconosciuto come un luogo sicuro per tutte e tutti.

Il lavoro che ha preceduto la stesura della Carta ha dato la possibilità allo staff e ai volontari dei Centri di interrogarsi sui loro valori comuni, sulle modalità che vogliono utilizzare per gestire questi spazi, e sull’obiettivo che vogliono raggiungere.

Tutti i giovani con cui abbiamo lavorato vogliono la pace, che si potrà raggiungere solo attraverso la ritrovata coesione sociale, la costruzione della fiducia e del dialogo, del rispetto reciproco e dell’integrazione, che garantisca uguali diritti a tutti, senza distinzioni.

Il percorso che i giovani del Centro hanno seguito è stato ricco di sfide, soprattutto all’inizio: la maggior parte di loro infatti proveniva dalle zone finite sotto il controllo di Daesh, ed è stata costretta a fuggire, ricominciando la propria vita da capo in città e comunità sconosciute. Con il passare del tempo, il numero dei partecipanti alle attività dei Centri e dei volontari ha iniziato ad aumentare.

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E le attività che si sono svolte al loro interno, in questi anni, sono state moltissime. Dai corsi di inglese a quelli di yoga, alle formazioni dedicate a temi specifici fino alle iniziative comuni per pulire le aree liberate dalla macerie lasciate da Daesh, passando per l’organizzazione di eventi sportivi e arrivando agli scambi culturali con giovani volontari italiani.

Dall’Italia sono arrivati gli street artists del progetto “Niente Paura”, che hanno aiutato i ragazzi a dipingere le pareti del Centro di Erbil, trasmettendo le tecniche di base per realizzare grandi murales colorati. I musicisti con cui si è suonato insieme, i giovani volontari delle delegazioni con cui si sono realizzati gli scambi.

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Il fumettista Claudio Calia, che ha tenuto un workshop di fumetto nei Centri, realizzandone poi uno che ne racconta il lavoro, e che diventerà presto un libro. Sono arrivati il circo sociale dei ragazzi di “Parada Romania”, e gli spettacoli per i più piccoli del Claun Il Pimpa.

Anche per questa ragione una delle richieste che i ragazzi hanno rivolto alle autorità locali del Kurdistan iracheno durante la conferenza di gennaio è stata la possibilità di usufruire di spazi più grandi e più attrezzati, che il governo ha il dovere di mettere a disposizione, in quanto bene comune.

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Questi giovani non hanno bisogno solo di fondi per finanziare le loro attività, hanno bisogno di far sentire la loro voce, per far sapere che il loro paese non può essere ricordato solo per la guerra e la presenza di Daesh.

Vogliono gridare al mondo che in Iraq e nel Kurdistan iracheno le nuove generazioni stanno lottando per costruire una società migliore, libera dall’estremismo e dalla violenza, in cui i diritti umani siano garantiti a tutti.

Per costruire insieme il futuro di un paese distrutto dalle guerre.

Noi continueremo a sostenerli, a parlare di loro.

 

Ilaria Zambelli, Carlotta Macera – Project managers Un ponte per…

*A questo link il podcast della diretta streaming realizzata dai ragazzi di Radio No Border durante la conferenza, che ringraziamo per la partecipazione.