Mosul. La vera sfida comincia oggi

12 July 2017, 14:50

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E’ di lunedì sera l’annuncio ufficiale della totale liberazione di Mosul, città irachena scelta da Daesh come sua roccaforte sin dall’estate del 2014, quando l’Iraq venne sconvolto da una nuova, ennesima catastrofe politica e umanitaria.

In queste ore, molti dei nostri amici e partner stanno festeggiando. Noi, come sempre, siamo con loro ma non riusciamo a gioire.

Siamo sollevati per la fine dei bombardamenti e dei crimini che da tutte le parti sono stati commessi contro i civili di Mosul durante questa battaglia che, avviata nell’ottobre scorso, appariva interminabile.

Degli orrori di Daesh siamo a conoscenza, ma tortura, decapitazioni, stupri sono stati commessi sistematicamente anche dalle forze armate e milizie irachene contro sospetti collaboratori di Daesh e le loro famiglie.

Un report esaustivo e completo delle violazioni è stato appena diffuso da Amnesty International, in cui si parla di attacchi indiscriminati, sproporzionati ed illegali anche da parte della Coalizione internazionale con bombardamenti a tappeto.

Scontri e crimini che, ne siamo consci, proseguiranno. Perché molte restano le città e le aree ancora da liberare. Il rischio che i combattenti di Daesh adesso si disperdano nel paese e continuino a colpire indiscriminatamente i civili attraverso attentati ed autobombe è alto.

Se non verranno messi in campo gli sforzi necessari per avviare un reale processo di inclusione e coesione sociale e di dialogo per la riconciliazione, non possiamo aspettarci che in futuro molto cambierà per la popolazione civile irachena.

Seguiamo e partecipiamo della storia dell’Iraq e delle sue guerre ormai dal 1991. Abbiamo di recente pubblicato con MILEX il report “Iraq. 14 anni di missioni italiane” per denunciare le responsabilità italiane nell’attuale situazione. Tanto per l’eccessivo investimento nella risposta militare a Daesh, quanto per la scarsa attenzione data a propose alternative.

Proposte che tante volte sono arrivate dalla società civile irachena, di cui ci siamo fatti portavoce, e che parlano di necessità di ricostruzione non solo materiale del paese, ma soprattutto umana e sociale.

Attraverso programmi di costruzione della pace, rafforzamento del sistema giudiziario ed educativo, sostegno all’associazionismo, processi chiari e trasparenti di giustizia transizionale, come propone nel report l’Iraqi Social Forum.

Continueremo a fare pressione sul nostro governo, che dal 2003 ad oggi ha investito 2,6 miliardi di euro in missioni militari e commesse di armi, di cui solo 1/7 sono andati in progetti di cooperazione civile, affinché la proporzione si inverta.

Per noi che abitiamo l’Iraq da oltre 25 anni, festeggiare la liberazione di Mosul oggi vuol dire raddoppiare il nostro impegno.

Oltre al lavoro di distribuzione di aiuti umanitari che abbiamo portato avanti in questi mesi, accogliendo chi fuggiva da Mosul e dalle aree circostanti, e all’assistenza sanitaria ai tanti rifugiati iracheni che varcavano il confine con la Siria, grazie alla collaborazione sul campo con la Mezzaluna Rossa Curda, siamo tornati insieme alle comunità nelle aree liberate di Bashiqa e Qaraqosh. Qui eravamo a lavoro prima della crisi, e qui ci siamo rimessi all’opera per ricostruire e ristrutturare edifici e scuole.

E per iniziare ad immaginare un futuro migliore, in queste ore è partito un programma che, con il sostegno di Unicef, ci permetterà di portare i nostri interventi di sostegno psico-sociale per i bambini in 25 scuole di Mosul est e delle aree circostanti.

Organizzeremo insieme gruppi di resilienza e formazione degli insegnanti, per guardare al domani partendo dalle nuove generazioni.

Iniziare a ricostruire insieme alle comunità i legami che sono stati distrutti dalla guerra e dall’odio settario: questa sarà la nostra priorità.

Come fu nel 2003, sappiamo che la vera sfida comincia adesso. Ed è quella della convivenza e della costruzione della Pace.