Un anno di lavoro per l’emergenza in Iraq

6 Ottobre 2015, 12:41

“Ero ad Erbil da meno di tre settimane quando questa ennesima emergenza è scoppiata. Quello che è successo è stato un dramma che ci ha scosso tutti. Tra i tanti motivi di disorientamento c’è sicuramente il fatto che questa situazione ci ha toccati intimamente. Non solo perché umanamente sentiamo la vicinanza con queste comunità, ma perché quelli che i giornali definiscono ‘rifugiati’ e noi ci ostiniamo a chiamare ‘persone’ sono legati a doppio filo con la storia della nostra associazione. Un ponte per… lavora in Iraq con e per le minoranze da anni. Per questo quando è cominciato questo dramma le comunità ci hanno chiamati in cerca di aiuto, contando su di noi come si conta sugli amici nel momento del bisogno” (Patrizia Marocchi – Un ponte per…, luglio 2014).

Era cominciata così l’estate del 2014. Con l’avanzata di Daesh, la conquista di Mosul e le terribili violenze commesse contro le comunità di minoranza nella Piana di Ninive. Con intere famiglie costrette a fuggire cercando rifugio nella regione del Kurdistan iracheno. Con l’Iraq ancora una volta in guerra, e con la necessità di fronteggiare l’ennesima emergenza umanitaria. Per noi di Un ponte per…, presenti nel paese da oltre 25 anni, non era il momento di tirarsi indietro. Era necessario provare a garantire almeno i primi aiuti ai confini e alle frontiere; convertire i progetti in corso e ricavarne kit di prima assistenza, immaginarne di nuovi che, con il passare delle settimane, potessero dare un aiuto a chi si trovava ormai sfollato, dentro un campo, sotto una tenda, ai bordi delle strade.

Un lavoro portato avanti insieme alle comunità locali, ascoltandone i bisogni, con l’obiettivo di rafforzarne la capacità di risposta all’emergenza e per non limitarci alla semplice assistenza.

Questi sono i risultati del nostro lavoro a un anno dall’inizio della crisi.

Intervento umanitario

Insieme ai nostri amici delle organizzazioni della società civile, alle Ong nostre storiche partner, grazie all’impegno del nostro staff e ad una straordinaria mobilitazione di solidarietà di soci e sostenitori, da giugno 2014 siamo riusciti ad assistere oltre 43.000 persone. Nel corso dei primi mesi di emergenza abbiamo distribuito beni di prima necessità che le comunità ci chiedevano per le famiglie fuggite dalla violenza di Daesh.

“Safe” (Sicuro) è il programma di intervento che abbiamo lanciato immediatamente per garantire assistenza alle famiglie irachene sfollate nei governatorati di Erbil e Dohuk nel corso di tutto il 2015. Un progetto che ci vede coinvolti insieme ad alcuni nostri storici partner, ognuno con la propria esperienza alle spalle e la propria specializzazione nel campo dell’intervento umanitario, indirizzato in modo particolare a quei nuclei familiari che contano tra i propri membri anziani malati, bambini disabili, o che sono impossibilitati ad avere accesso alle cure mediche. In 19 mesi di lavoro siamo riusciti a raggiungere oltre 19.000 persone.

“Safe” (Sicuro) è il programma di intervento che abbiamo lanciato immediatamente per garantire assistenza alle famiglie irachene sfollate nei governatorati di Erbil e Dohuk nel corso di tutto il 2015. Un progetto che ci vede coinvolti insieme ad alcuni nostri storici partner, ognuno con la propria esperienza alle spalle e la propria specializzazione nel campo dell’intervento umanitario, indirizzato in modo particolare a quei nuclei familiari che contano tra i propri membri anziani malati, bambini disabili, o che sono impossibilitati ad avere accesso alle cure mediche. In 19 mesi di lavoro siamo riusciti a raggiungere oltre 19.000 persone.

 

Orientamento e informazione

Convinti da sempre che assistere sia anche informare e che il diritto a comunicare sia parte dell’accoglienza, subito dopo la prima fase di emergenza abbiamo avviato il progetto “Shako Mako?” (Come stai?), un programma di mass communication nei campi e nelle aree urbane che accolgono le persone sfollate, sia ad Erbil che a Dohuk. I nostri operatori hanno assistito oltre 166.000 persone portando avanti campagne di informazione, sensibilizzazione e prevenzione nei campi, e fornendo informazioni sui servizi umanitari garantiti. Partendo dai loro bisogni.

Un ponte per… il futuro

“Ibtisam” (Sorriso) e “Ahlain!” (Benvenuto) sono i due progetti pensati per garantire servizi integrati di salute mentale e psico-sociale per bambini iracheni sfollati e siriani rifugiati, sensibilizzando le famiglie sui temi della protezione dell’infanzia. Sostenuti da Caritas Svizzera e da UNICEF, si svolgono rispettivamente ad Erbil e a Dohuk, e sono accomunati dallo stesso approccio. Con il primo operiamo in 5 scuole del governatorato di Erbil, dove con l’assistenza di un nostro psichiatra vengono organizzati i gruppi di resilienza, momenti collettivi dedicati ai bambini. Con il secondo invece siamo a lavoro nei campi che hanno accolto gli sfollati a Dohuk. In totale, l’obiettivo è di raggiungere circa 6.000 bambini in età compresa tra i 6 e i 17 anni. Parallelamente, prosegue il lavoro che portiamo avanti con il nostro programma di sostegni a distanza “Farah” (Gioia), per garantire adeguate cure mediche ai bambini iracheni.

Per la protezione delle donne vittime di violenza

Concentrato nel governatorato di Erbil, il progetto “Zhyan” (Vita) mira a garantire la salute riproduttiva delle donne irachene sfollate e siriane rifugiate in Iraq, attraverso l’apertura di tre cliniche specializzate e di un’unità mobile, gestite da personale altamente specializzato, fornendo assistenza ai loro figli e proteggendo le vittime di violenza. Un progetto che rientra nel più vasto programma che Un ponte per… da anni porta avanti in tutta la regione per la protezione e la tutela delle donne.

Per la tutela delle minoranze e del patrimonio culturale

Il nostro impegno nel paese, però, non riguarda solo l’emergenza. Da anni sosteniamo la società civile nella costruzione di un solido percorso che saprà garantire un futuro di pace, rispetto, convivenza tra comunità. Per questo, oltre al decennale programma “Il sapere che resiste”, che dal 2004 ci vede impegnati nella tutela del patrimonio storico e culturale dell’Iraq, alla fine del 2013 abbiamo avviato “Youth Across Ethnicities”, un nuovo programma triennale che ha l’obiettivo di creare 2 centri di aggregazione giovanile nel nord del paese per giovani appartenenti alle comunità cristiane, yazide e shabak, vittime di violenze e persecuzioni, per svolgere attività educative, sociali e culturali favorendo l’integrazione e la cooperazione tra società civile, autorità e istituzioni, grazie al sostegno della Tavola Valdese – Ufficio Otto per Mille.

Per il sostegno alla società civile

Proprio nella convinzione che la pace e la possibilità di scrivere un futuro alternativo non passino per le armi ma per il sostegno alla società civile, da anni siamo al fianco delle organizzazioni irachene che si battono per il proprio paese. Portiamo la loro voce, troppo spesso inascoltata, presso le istituzioni italiane ed europee, sensibilizzando l’opinione pubblica. Anche quest’anno, dallo scoppio dell’emergenza in Iraq, abbiamo organizzato due importanti missioni con la Iraqi Civil Society Solidarity Initiative (ICSSI): a Ginevra, per partecipare alla Universal Periodic Review delle Nazioni Unite, e a Bruxelles, per un incontro con alcuni membri del Parlamento Europeo. Con loro siamo stati ad Oslo, per prendere parte al Norwegian Social Forum, e a Tunisi, per contribuire al percorso del Forum Social Mondiale con l’Iraqi Social Forum. Abbiamo organizzato un importante ciclo di conferenze – con audizioni a Camera e Senato, proiezioni e dibattiti pubblici – a Roma, nel quale due attivisti da Iraq e Siria hanno portato una testimonianza di resistenza alla violenza di Daesh nei loro paesi.

Un anno dopo lo scoppio dell’emergenza l’Iraq ha ancora bisogno del nostro sostegno. Contiamo sul tuo, per continuare a costruire insieme un futuro di Pace e convivenza. Dona ora!