Il sogno di una nuova vita per le famiglie siriane

23 Maggio 2016, 13:12

La fuga dalla guerra, le difficoltà, il sogno di una nuova vita: le testimonianze di due insegnanti siriani coinvolti nel nostro progetto di istruzione informale in Giordania, raccolte nel corso di una settimana di formazione da poco conclusa. 

 

Sono iniziati i training previsti dal nostro progetto “Learning for Life: imparare per vivere”, da poco avviato in Giordania grazie al sostegno di OCHA, dedicato a bambini e ragazzi rifugiati dalla Siria.

Sei giorni di formazione che hanno coinvolto 23 tra insegnanti ed operatori sociali, e che hanno avuto come obiettivo quello di approfondire le competenze degli educatori e le loro capacità di approccio psico-sociale sui bambini e gli adolescenti che saranno coinvolti nel nostro programma di educazione informale.

Il progetto, che mira a garantire accesso a strutture educative informali a chi, a causa della guerra, ѐ stato costretto ad abbandonare il proprio percorso di studi e cercare rifugio in un paese straniero, vuole infatti anche fornire supporto psico-sociale e sostegno emotivo alle giovani vittime della crisi siriana.

Secondo recenti ricerche circa il 79% dei rifugiati siriani in Giordania soffre di disturbi psicologici connessi alle drammatiche esperienze di violenza di cui è stato vittima, o testimone, in Siria.

La perdita di persone care, i drastici cambiamenti delle condizioni di vita, le torture e le violenze all’ordine del giorno in un paese ormai dilaniato da cinque anni di conflitto armato, hanno segnato in maniera indelebile la stabilità dei rifugiati siriani.

E dei più giovani in modo particolare, che tendono a manifestare i risultati dei drammatici momenti vissuti sviluppando problemi comportamentali e disordini come depressione, problemi di concentrazione, iperattività, problemi relazionali e aggressività frequente.

L’obiettivo del training è stato quello di approfondire le competenze degli insegnanti nel riconoscimento dei primi segnali di disturbi comportamentali che i bambini in fuga dalla guerra possono manifestare, identificando poi insieme alle famiglie le soluzioni migliori attraverso momenti collettivi e di gioco.

Tra gli insegnanti che hanno preso parte a questa settimana di lavori anche due siriani, che arrivati in Giordania da rifugiati sono riusciti a risollevarsi e ricominciare da capo la loro vita. Ecco la loro testimonianza.

Sahar, direttrice di una scuola a Dara’a, città nel sud della Siria al confine con la Giordania, è scappata con la sua famiglia dalla Siria, dopo aver vissuto per due anni in guerra.

Due anni fa quando i bombardamenti del regime hanno preso di mira la città di Dara’a dove vivevo con mio marito e i miei sette figli, ho deciso che era giunta l’ora di lasciare il mio paese. In Siria non avevamo più un futuro, vivere normalmente era diventato impossibile. Tutte le comunicazioni venivano quotidianamente interrotte, così come l’elettricità, internet e il telefono. Di fatto, ogni contatto con parenti e amici era diventato impossibile. Io e mio marito eravamo direttori di una scuola, ma dopo l`inizio della crisi per ragioni di sicurezza, abbiamo smesso di andare a lavoro. La decisione di fuggire dalla Siria era arrivata, insieme con l’intensificarsi dei bombardamenti nella nostra zona, anche con il licenziamento di mio marito, avvenuto dopo aver soccorso un bambino ferito incontrato per strada. Aiutare i feriti, significava per il governo essere nemici del regime, che infatti licenziò in tronco mio marito.

Abbiamo scelto la Giordania perché era un paese arabo amico, facile da raggiungere e per ambientarsi sperando di iniziare una nuova vita. Siamo arrivati circa due anni fa con alcuni dei nostri figli, gli altri ci hanno raggiunto più tardi insieme alle loro famiglie. Appena superato il confine ci hanno sistemato nel campo profughi di Za`atari, dove abbiamo trascorso due giorni. Ci hanno dato da mangiare e offerto assistenza medica, ma vivere in un campo profughi è un’esperienza molto dura, fatta di attese infinite; ci viene dato da mangiare e le organizzazioni internazionali ci assistono, ma sono molto poche sono le attività da svolgere e le opportunità che ci vengono offerte per riuscire a costruirci una nuova vita. Siamo usciti dal campo grazie a uno sponsor e, pian piano, siamo riusciti a farci strada nella nuova società (…). In Giordania ho iniziato una nuova vita con la mia famiglia. Adesso sento solo il bisogno di dimenticare e lasciarmi alle spalle quanto è successo in Siria e la mia vita precedente nel mio paese. Voglio dimenticare tutto e iniziare da capo. Adesso che ho anche trovato un lavoro posso finalmente dire di avere di nuovo un futuro davanti a me.

Fouad, classe 1980, quattro figli, ex studente di legge all’Università di Damasco, è scappato dalla Siria nel 2012. Il suo sogno è quello di riprendere gli studi interrotti a causa della guerra e iniziare una nuova vita in Europa.

Quando sono stato chiamato alle armi dall’esercito governativo avevo davanti a me due scelte: o andare a combattere e rischiare la mia vita sul campo di battaglia, oppure andare in carcere e rischiare di non uscirne ma più. E’ questo il destino di chi rifiuta il richiamo alle armi da parte del regime. Ma io non volevo combattere, per nessuna ragione. È stato allora che ho deciso di scappare e rifugiarmi in Giordania. Ho impiegato due settimane per raggiungere Dara’a dal Reef di Damasco, dove vivevo con la mia famiglia, mentre in condizioni di normalità ci avrei impiegato circa un’ora. Dopo un lungo ed estenuante viaggio, principalmente di notte per nascondermi dalle forze del regime, sono giunto a Ramtha, la città giordana al confine con la Siria. Qui grazie a uno sponsor giordano sono riuscito a spostarmi dal centro di registrazione dei rifugiati ad Amman.

Dopo quattro mesi ho trovato un lavoro presso una Ong locale e sono stato raggiunto dalla mia famiglia, che avevo lasciato in Siria. Anche se la mia esperienza in Giordania è stata abbastanza positiva, qui le condizioni economiche non sono affatto ideali e il mio soggiorno nel paese è soltanto temporaneo. La mia città in Siria è ormai completamente distrutta e anche se spero un giorno di tornare a casa, per il momento il mio unico desiderio è poter riprendere gli studi interrotti a causa della guerra, magari in un paese europeo. Prima dell’inizio della guerra in Siria sia io che mia moglie studiavamo alla facoltà di Legge dell’Università di Damasco. Il nostro sogno adesso è riprendere gli studi, e tutto ciò che desideriamo è offrire ai nostri figli un futuro migliore, iniziando una nuova vita in Europa.

Ivana Cosmano – Un ponte per…