Mesi di cammino per tornare a sorridere

20 January 2020, 12:52

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Nell’ottobre del 2018, poco più di un anno dopo la liberazione della città di Mosul dal controllo di Daesh, ci siamo posti/e un obiettivo chiaro: sostenere le persone nell’area di Ninive, in Iraq, fornendo servizi di sostegno psicologico, sociale e di salute riproduttiva e mentale, convinti/e che le macerie siano solo l’effetto più visibile lasciato dalle guerre.

E’ iniziato così l’intervento “Salamtak” (la tua salute), proseguito fino a novembre 2019 e finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS). Le conseguenze di 3 anni di occupazione e violenze continue sono state smisurate, sia per la città di Mosul che per le altre città e villaggi della Piana di Ninive. Le infrastrutture, incluse quelle sanitarie, hanno subito danni incalcolabili. Centinaia di migliaia di persone hanno perso tutto ciò che possedevano e sono tornate alle loro case saccheggiate, bruciate o completamente distrutte.

Oltre ai danni materiali, quello che è successo e il fatto di trovarsi a ripartire da zero, spesso senza mezzi sufficienti e certezze per il futuro, minano gravemente la salute mentale di uomini, donne e bambini, con danni che si possono protrarre negli anni a vita se il trauma non viene trattato con le dovute cure.

A Mosul, quasi mezzo milione di persone sono rimaste bloccate all’interno della città per tutto il periodo dell’occupazione di Daesh e della battaglia per la liberazione: 4 lunghissimi anni. Anche per questo motivo, il numero stimato di persone che soffrono di sintomi collegati al trauma e alla violenza subita. In questi anni di lavoro abbiamo imparato che a Ninive lo shock e il trauma non sono specifici di una particolare categoria, comunità, classe sociale, età o genere, ma sono condivisi in ugual misura da tutte le persone.

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Il Direttorato della salute (DoH) di Ninive è ancora particolarmente debole a causa di gravi carenze strutturali, della sospensione delle attività e della fuga della maggior parte del personale medico locale durante gli anni dell’ occupazione. Inoltre, mancava personale adeguatamente formato sulle tematiche di salute mentale, supporto psicosociale, interventi psichiatrici.

Il personale medico e paramedico rimasto a Mosul durante l’occupazione non ha mai potuto usufruire di aggiornamenti per un periodo di oltre 4 anni: è rimasto isolato, senza una formazione specifica su come affrontare crisi umanitarie e casi di trauma.

La formazione del personale sanitario nazionale ha ricoperto dunque un ruolo significativo all’interno delle struttura del progetto “Salamtak”, che, al di là della fornitura dei servizi, ha lavorato per un più ampio processo di ricostruzione, sostenibile. Un totale di 91 medici e infermieri, uomini e donne, sono stati coinvolti in programmi di formazione su protocolli di salute mentale e riproduttiva, inclusa una formazione per la risposta ai casi di violenza di genere. Le tematiche approfondite dalle formazioni di Un Ponte Per rientrano nel piano di formazione del personale elaborato dal Ministero della Salute Iracheno e possiedono dunque un doppio fine: lo sforzo per assicurare migliori servizi per la popolazione si unisce all’attività di sostegno delle istituzioni locali nel loro ruolo di responsabilità verso la cittadinanza.

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In questi 14 mesi di cammino a fianco delle popolazioni uscite dall’occupazione di Daesh, Un Ponte Per ha assicurato sostegno psicologico a più di 4.000 uomini, donne e minori, tra gruppi di sostegno e percorsi individuali. Tutto questo è avvenuto in territori diversi: il progetto ha infatti interessato la parte ovest della città di Mosul, la cittadina di Bashiqa e il villaggio di Nimrod, nel distretto di Hamdanyia. Il diritto alla salute mentale e il diritto alla salute sessuale e riproduttiva sono temi sensibili, per i quali il coinvolgimento delle comunità locali rimane fondamentale. Per questo, tanto del nostro lavoro si è concentrato anche in attività di sensibilizzazione rivolte alle comunità per combattere lo stigma sociale e l’isolamento che ancora circondano il tema della salute mentale.

Questo lavoro è stato reso possibile dall’apporto fondamentale del nostro staff locale: persone che, nella maggior parte dei casi, hanno vissuto a loro volta il trauma della guerra, dell’occupazione di Daesh, della fuga. E che quindi sanno bene come sostenere le proprie comunità.

Come Mohammed, uno dei nostri operatori, che da Mosul era fuggito quando è arrivato Daesh, ma è tornato per aiutare la sua gente. In questo video, racconta di voler “lanciare un messaggio: la salute mentale è importante quanto quella fisica. Siamo qui per aiutarvi”. O come Hanan, rimasta chiusa in casa per 3 anni durante l’occupazione di Daesh, che oggi è operatrice in uno dei nostri centri. O come Afrah, che coordina quello di Nimrod e che assicura: “Resteremo e continueremo a lavorare fin quando ce ne sarà bisogno”.

Le storie delle persone che abbiamo incontrato e che siamo riusciti/e a sostenere, sono raccolte in questa piccola pubblicazione.

Salamtak” però non finisce qui, perché grazie ai buoni risultati ottenuti durante questa prima fase di intervento e all’esperienza accumulata, avremo la possibilità di continuare a lavorare anche nel corso del 2020.

Sempre a fianco delle persone che hanno bisogno di supporto per tornare a sorridere.