Le domande di bambine e bambini sull’Iraq

3 July 2020, 12:35

Sorry, this entry is only available in Italian. For the sake of viewer convenience, the content is shown below in the alternative language. You may click the link to switch the active language.

Cosa vuol dire essere un/a bambino/a a Mosul? Cos’è una organizzazione non governativa (ONG)? Perché avete scelto di andare in un posto così pericoloso? Come si fa a costruire una scuola se è stata distrutta dalla guerra?

Sono solo alcune delle domande che Marco Rodari, in arte Claun Pimpa, ha raccolto nelle ultime settimane durante i suoi laboratori virtuali nelle scuole italiane durante il lockdown.

E che lui ha rivolto, in una divertente diretta sulla sua pagina Facebook, tra quiz a premi e ricordi condivisi, ai nostri cooperanti, Mohamed e Sergio, che vivono e hanno vissuto in Iraq.

Il Claun Pimpa è un nostro vecchio amico: ha girato il Medio Oriente per portare il sorriso a migliaia di bambine e bambini che avevano subito guerre e violenza, approdando anche in Iraq e in Giordania dove lo abbiamo invitato più volte.

Volevamo provare a far sorridere anche bambine e bambini siriani in fuga dalla guerra, e quelle/i iracheni di Mosul sopravvissuti/e agli anni dell’occupazione di Daesh.

Oggi che in tutto il mondo le scuole sono state chiuse, e milioni di bambine e bambini sono stati/e privati/e della possibilità di studiare, imparare, relazionarsi, ci sembra che questa strada fatta assuma un significato ancora più grande.

Perché in Iraq, in questi anni, di scuole ne abbiamo ricostruite tante. E proprio lì Claun Pimpa è venuto con noi “a far sorridere il cielo”, come dice lui.

Una di queste scuole fu quella “smontabile” del campo di Ashti. Un lavoro seguito da Sergio, che racconta:

“Il primo ricordo che ho dell’Iraq è di un uomo che viveva nel campo profughi. Ci dice che nel campo ci sono 10mila persone, di cui 2mila bambini/e. E ci chiede di costruire una scuola. Abbiamo lavorato a ritmi frenetici, anche sotto il sole a 50 gradi. E dopo un mese e mezzo abbiamo consegnato la scuola: 15 container più uno, il bagno. E’ rimasta attiva fino all’anno scorso, quando la gente è tornata nei propri villaggi dai quali era scappata per fuggire dalla violenza di Daesh. E la scuola se la sono portata dietro!”.

Oggi, questo impegno prosegue a Mosul e in tutta la Piana di Ninive, dove l’occupazione di Daesh ha lasciato le ferite più profonde.

Ne parla Claun Pimpa, quando prova a rispondere a una domanda di bambine e bambini. Cosa fa una Ong, esattamente?

“Mettiamo Mosul, una città ferita. Da sola non ce la fa a guarire da questa ferita. Allora arriva la signora Ong che la aiuta Ma il suo scopo è che possa andare avanti da sola. Quello che ho visto fare a Un Ponte Per è restare fino a che c’è bisogno di lei”.

Perché, come spiega Sergio, “nel nostro caso la signora Ong ascolta tanto il luogo e le persone che incontra sulla sua strada. E se da un lato aiuta a curare, si cura anche lei. Perché si cresce insieme. Noi, insieme all’Iraq cresciamo da 30 anni”.

Per guardare l’intervista integrale, e ascoltare il racconto di Mohamed e Sergio: