Disarmo incondizioNato

15 March 2022, 11:30

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Una soluzione alternativa è possibile ridando “potere” alle Nazioni Unite e riducendo quello della Nato. Solo l’Onu può smilitarizzare i corridoi umanitari e congelare l’invasione sul campo.

Di Alfio Nicotra, co-Presidente di Un Ponte Per.
Tratto da Left del 11 marzo 2022. Foto di Juliette Mas.

 

Non esiste soluzione militare alla guerra in Ucraina. L’unica soluzione militare plausibile sarebbe l’intervento della Nato e la generalizzazione della guerra ai Paesi confinanti, con il rischio, praticamente una certezza, di una devastante guerra nucleare. Più ci si infila dentro questo cul de sac più si alzano i decibel della propaganda bellicista. C’è una chiamata alle armi dei cervelli, che non devono più pensare alle responsabilità, all’incredibile sequenza di errori ed orrori che ha portato a questo esito catastrofico. Chiunque prova a ragionare è additato di collusione con il nemico e accusato di essere equidistante tra aggredito ed aggressore. Eppure sta a noi costruttori di pace, in Russia come in Italia, rompere questa spirale, in cui l’intelligenza è sostituita dalla propaganda e provare a dare una alternativa alla guerra. La nostra idea di “neutralità attiva” non significa stare con le mani in mano, attendere che gli eventi avvengano, non prendere parte dentro le controversie. Ma la nostra parte sono sempre stati i popoli, coloro che la guerra la subiscono, gli sfollati, le vedove, gli orfani, insomma l’umanità che si vorrebbe silenziata sotto il fragore delle bombe e della isteria bellica.

Intanto alla propaganda di guerra contrapponiamo alcune semplici domande.

Partiamo dall’invio delle armi all’Ucraina deciso dal nostro Governo e da quelli della Ue: sono in grado di ribaltare i rapporti di forza tra aggredito e aggressore? Nessun generale o esperto di Difesa vi dirà che questo invio di armi cambierà la situazione: troppo sproporzionate sono le forze militari in campo. L’unica soluzione militare possibile è un intervento della Nato a guida Usa, ma è una ipotesi talmente da brividi che sono proprio i vertici politico/militari ad escluderla come dimostra il niet alla richiesta ucraina di una no fly zone.

Chi fa articoli e post patriottici e bellicisti dalle sue calde case in occidente è disponibile a rischiare la vita dei suoi ragazzi e a mettere lo stivale sul terreno? Mandare armi agli ucraini avrebbe senso solo in questo caso, come avvenne in Italia ed in Francia nella seconda guerra mondiale quando britannici e statunitensi lanciarono armi per i partigiani che indebolivano così il nemico nelle retrovie e facilitavano il loro lavoro di liberazione sul fronte militare. Possiamo dire che il “vi armiamo ma crepate voi” senza che a questa segua un intervento diretto della Nato non è solo un poco ipocrita, ma anche vigliacco nei confronti del popolo ucraino?

Questa è la questione che abbiamo davanti, è la domanda che noi giornalisti dobbiamo proporre alle nostre opinioni pubbliche: se scegliamo la soluzione militare dobbiamo entrare in guerra a fianco dell’Ucraina. Siete disponibili?  Il resto è tutta ipocrisia.

Ma se la soluzione militare è impossibile sono impossibili altre soluzioni?

Tornare all’Onu per esempio, che nella sua assemblea generale straordinaria ha condannato senza “se” e senza “ma” l’invasione, isolando Mosca anche dai suoi potenziali alleati come la Cina o l’India. I due giganti asiatici hanno scelto l’astensione che, in questo contesto, equivale ad una presa di distanza netta dall’invasione e dalla logica dell’uso della forza per la risoluzione delle controversie internazionali.

Tornare all’Onu significa anche riavvolgere il nastro di questi tre decenni in cui la guerra è stata usata dall’occidente come strumento principe di dominio globale. Iraq, Jugoslavia, Afghanistan, Libia, Siria l’elenco della via crucis bellica è lungo e tragico dove si è travolto il diritto internazionale e destabilizzato e reso più insicuro ed ingiusto il pianeta.

Significa ripartire da Srebrenica in Bosnia Erzegovina, quando un contingente di caschi blu (nessuno dei quali processato) si rifiutò di proteggere la popolazione civile consegnandola al suo massacratore. Quei caschi blu avevano una nazionalità, erano olandesi ovvero di un Paese della Nato e fu proprio la Nato a beneficiare di quello shock che l’eccidio provocò nell’opinione pubblica. Da quel momento l’Onu è uscita di scena e la Nato si è convertita a gendarmeria globale, rilanciando la propria stessa esistenza, arrivando ad includere quasi tutti i paesi europei dell’ex Patto di Varsavia. Se l’ingloriosa ritirata dall’Afghanistan e prima ancora il tradimento dei curdi in Siria con l’aggressione da parte della Turchia (altro paese Nato) avevano aperto una discussione sulla “morte cerebrale” dell’Alleanza Atlantica, l’invasione di Putin ha improvvidamente cancellato ogni dibattito. Ma oggi la Nato appare inservibile, prigioniera del limite di aver diviso l’Europa e il mondo in alleati e nemici, impedendo quella “casa comune europea” che Gorbaciov aveva prospettato quando, con l’azione dei popoli, venne fatta cadere la cortina di ferro e il muro di Berlino.

Tornare all’Onu significa sostituire la contrapposizione amico-nemico con l’accordo negoziato tra le parti, in un quadro di sicurezza comune garantito anche da contingenti internazionali militari e civili composti in modo multilaterale per essere da garanzia per tutti i contendenti. È l’Onu che può smilitarizzare i corridoi e congelare l’invasione sul campo, così come è l’Onu quello che può prospettare zone e Paesi neutrali in grado di dare garanzia per la sicurezza ad est e ad ovest. Solo l’Onu è in grado di permettere che i corridoi umanitari non si trasformino in un semplice esodo dalle proprie case dei civili, preludio per la distruzione da parte dell’occupante russo delle città assediate. Questo consentirebbe il negoziato vero, su tutti i temi sul tappeto e che fino ad oggi non si è voluto affrontare. Il ritorno al diritto internazionale consentirebbe anche alla Ue di recuperare la sua originale missione, quella di unire i popoli europei e di garantire la pace.

Una Ucraina nella Ue e non nella Nato andrebbe a rafforzare quei paesi neutrali che ne fanno parte come Finlandia, Svezia, Austria e Irlanda e che hanno dimostrato di avere una qualità della loro democrazia non certamente inferiore alla nostra.

Solo il cessate il fuoco ed una garanzia internazionale consentirebbe agli ucraini di proseguire la resistenza all’invasore senza armi, attraverso la disobbedienza civile, l’organizzazione di comunità solidali, l’indisponibilità alla cancellazione delle proprie identità nazionali (che anche in Ucraina, sono diverse e non una sola). Lo sciopero generale degli operai dei cantieri Lenin in Polonia servì molto di più che i missili Cruise a far sfarinare il regime di Varsavia. Un territorio così vasto come l’Ucraina di oltre 40 milioni di abitanti non può essere occupato stabilmente da un esercito di 200mila soldati, senza che cresca una opposizione anche in Russia. Le migliaia di arresti di pacifisti indicano che il fronte interno è il più ingestibile da parte dell’oligarchia legata al regime. Perché il problema è anche questo: che non esiste soluzione militare, anche se tragicamente oggi praticata, neanche per Putin. L’unica soluzione è la trattativa, il negoziato, far tacere le armi. Avere la forza e non la ragione alla fine non paga e i popoli si liberano lo stesso. Per fare questo bisogna salvare il popolo ucraino dal bagno di sangue anche perché ognuno di loro sarà prezioso in vita per continuare la lotta.