Oltre l’inferno, un’umanità che sa tendersi la mano

2 Luglio 2019, 15:36

Con la Campagna “Siria. Emergenza nel campo di Al Hol”, vogliamo denunciare le drammatiche condizioni delle persone rifugiate dimenticate della Siria. 

Questa settimana sono morti solo 5 bambini sotto i cinque anni a causa della diarrea. È andata meglio dei mesi scorsi. Quando morivano per patologie curabili anche più di 100 persone al mese.

Il campo di Al Hol è diventato in pochi mesi l’inferno in terra e tra fine 2018 ed inizio 2019, sono arrivate 64mila persone. Il campo ne ospitava solo 9.000.

Era stato allestito a fine 2016 per accogliere gli iracheni in fuga da Mosul. La Mezza Luna Rossa Curda con Un Ponte Per… misero a disposizione delle ambulanze per accoglierli e portarli al campo.

E lì furono creati velocemente 4 Centri di salute di base, un’unità per i parti naturali e un sistema di ambulanze che potesse portare i pazienti più gravi al vicino ospedale della città di Hassake.

Poi durante il 2017 al campo sono arrivati i siriani in fuga dalla battaglia di Raqqa. La situazione, sebbene difficile, era gestibile e le Ong riuscivano con l’aiuto della Comunità internazionale a curare le persone più bisognose e a fare prevenzione sulle patologie più comuni. Che in un campo in mezzo al deserto diventano subito un dramma, degenerano e si rischiano epidemie. Così nel 2018 si riuscì ad isolare un’epidemia di colera.

Poco però si può fare per le condizioni ambientali. D’estate si toccano i 50 gradi. Ci sono scorpioni grandi quanto una mano. C’è miseria ovunque, polvere. Acqua poca e non sempre delle migliori. Le cure mediche senza un sistema di base minimamente sano può poco.

Ma la situazione già fragile è esplosa a fine 2018, durante e dopo l’ultima battaglia contro l’Isis.

Nel giro di 4 mesi sono arrivate al campo più di 60mila persone sfollate. Si è arrivati fino a 75mila persone senza la capacità di poterle accogliere e proteggere come si dovrebbe. L’Onu, in questo pezzo di Siria non controllato dal governo di Damasco, ha difficoltà a muoversi. Le Ong presenti fanno il possibile. Le autorità dell’amministrazione autonoma del Nord Est non riescono, nonostante sforzi sovrumani, a gestire anche questa crisi.

Al Hol è diventato un inferno in terra. E ognuno ogni giorno sta cercando di rimboccarsi le maniche per evitare le quotidiane tragedie. Grazie al Ministero degli Esteri italiano sono arrivate a Un Ponte Per… tende e medicine.

Alcune di queste tende serviranno a breve per offrire in diversi punti del campo terapie di reidratazione e cura delle patologie gastrointestinali per dedicarsi proprio a quei minori fragili ed abbandonati. La Mezza Luna Rossa Curda ha costruito un ospedale da campo con un’organizzazione tedesca.

Nel frattempo l’ospedale di Hassake ha perso il sostegno che aveva e non riesce più a rispondere alle esigenze della popolazione locale e a quella dei rifugiati. Le emergenze si rincorrono, il campo è grande quanto una città. La gente è esasperata. Spesso attacca i servizi di assistenza piuttosto che usufruirne. Non hanno altro contro cui sfogarsi.

Ma oltre l’inferno c’è anche la sezione del campo chiamato l’”Annesso”. Guardato a vista da guardie armate, con filo spinato e un fossato che lo circonda. Qui dentro vivono 10mila tra donne e bambini, familiari di Daesh, in uno stato di detenzione a differenza degli altri che con speciali permessi possono uscire dal campo.

Le abitanti dell’Annesso sono per lo più straniere. Sono le mogli dei miliziani. Più di 50 nazionalità, tante europee. Nessuno le vuole. Nessun Paese di origine vuole riprendere loro e i loro figli.

Le autorità del Nord Est Siria sono disperate e chiedono ogni giorno alla comunità internazionale di riprendere queste persone. Alcuni governi, come quello svedese, hanno mostrato un minimo di umanità e hanno rimpatriato alcuni degli orfani.

Nove bambini sono stati portati dai parenti in Svezia per essere curati e restituiti a una vita normale. Gli altri invece continuano a crescere lì nell’inferno. Senza avere un futuro.

L’ONU – Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani – ha chiesto di processarli o liberarli. Ma di non lasciarli lì a marcire. Sono bombe a orologeria. Persone che macinano ancora odio e violenza.

Ed è vero che di questi tempi si lasciano le persone innocenti morire in mare come in terra. E che la pietà è morta. Ma voltarsi dall’altra parte di fronte a questa situazione è anche un rischio.

Quanto odio possiamo ancora seminare? Non sarà la violenza e la vendetta il modo per costruire la pace in futuro.

Visto da Al Hol questo discorso sembra assurdo. Basta guardare gli occhi pieni di dignità e di dolore dei nostri medici, delle operatrici e degli operatori al lavoro instancabilmente.

Gli occhi che elencano i numeri delle vittime, che sono esseri umani. E che dovrebbero essere protetti.

I loro sforzi valgono qualsiasi parola. E ci dicono che c’è un’umanità che sa tendersi la mano anche all’inferno e oltre.

Domenico Chirico – Direttore dei Programmi di Un Ponte Per.

***

Siamo a lavoro per il futuro della Siria. Sostieni il nostro intervento con una donazione, aderisci alla campagna #DallaLoroParte. Clicca qui per scoprire come dare il tuo contributo. Dona ora

 

L’intervento nel campo di Al Hol è implementato nell’ambito del progetto “Fourniture de soins de santé primaires et de services d’urgence aux réfugiés iraquiens et aux personnes déplacées à l’intérieur du camp d’Al Hol (2019-009)”.