Una lettera dal Libano

28 Aprile 2020, 16:21

Ti scrivo per chiederti di te e della tua famiglia. Spero che stiate tutte e tutti bene e in buona salute, soprattutto, dopo la diffusione del Coronavirus in tutto il mondo. Guardo le notizie alla tv sul contagio ogni giorno. Mia nonna mi ha detto che si è diffuso moltissimo in Italia, e sono molto preoccupata per te, Alessandra. Prego perché Dio ti tenga al sicuro. Qui in Libano ci sono già tante persone contagiate. Le scuole sono chiuse e non possiamo uscire. Stiamo continuando a seguire le lezioni online. Spero tanto che questo virus se ne vada presto. Si parla solo di persone scomparse, è molto triste. Ti prego, fai attenzione.
Tua figlia,
Sheraz

Questa è la prima lettera che ci arriva dai campi palestinesi in Libano da quando è iniziata la pandemia da Covid-19, e il mondo si è fermato entrando in lockdown.

E’ successo a noi, in Italia, come ai nostri amici e alle nostre amiche palestinesi, che sosteniamo da molti anni nei campi in Libano a fianco dei nostri partner storici di Assomoud.

Sheraz ha 11 anni e vive nel campo di Burj el Barajneh. Ha scritto ad Alessandra, che la sostiene dal 2015 ed è una delle persone che ha scelto di attivare un sostegno a distanza con Un Ponte Per per garantire così a bambine e bambine come Sheraz di proseguire gli studi.

Il Libano, che conta 4 milioni di abitanti, è tra i paesi del mondo che hanno accolto il maggior numero di persone rifugiate. Oltre alle 500.000 persone palestinesi, presenti nel paese dal 1948, cui oggi si aggiunge circa 1 milione e mezzo di persone rifugiate dalla Siria, che sono andate ad affollare i campi profughi già presenti, o per le quali ne sono stati aperti di nuovi.

Persone private di diritti e che non potrebbero mai avere accesso alla sanità in caso di contagio, essendo nel paese per la gran parte privatizzata e molto costosa.

La pandemia, in Libano, è arrivata in un momento di grandissima crisi. Pochi giorni prima che il governo decretasse il lockdown, era stata dichiarata infatti la bancarotta. Alla crisi economica già gravissima, che sta riducendo in povertà una parte della popolazione, si sono aggiunte le misure restrittive e le chiusure imposte per evitare una diffusione su larga scala del contagio.

Oggi, centinaia di famiglie non hanno di che vivere, e in modo particolare nei campi siriani e palestinesi, per lo più ignorati dalle misure di sostegno del governo, e anzi doppiamente penalizzati.

Come denunciano altre Ong presenti nel paese infatti, la popolazione rifugiata siriana è oggi fortemente discriminata, privata dell’accesso alla salute e al diritto di lavorare, minacciata da possibili arresti e rimpatri forzati. Così come lo è, da sempre, la popolazione palestinese, oggi costretta a casa in condizioni precarie.
Sono proprio i campi profughi a destare maggiore preoccupazione. Basti pensare al campo di Shatila, in cui 20.000 persone sono costrette a vivere in poco più di 1 chilometro quadrato.

Una famiglia di Shatila ha in media a disposizione 10 metri quadrati per vivere, scarso accesso all’acqua potabile e alla corrente elettrica, in una condizione generale di precarietà igienico-sanitaria e di gravissimo sovraffollamento. Migliaia di persone che non possono muoversi e lavorare, e che presto non saranno più in grado di provvedere al proprio sostentamento.

Qui lavoriamo dagli anni Novanta a fianco dei nostri partner storici di Assomoud, soprattutto per garantire accesso allo studio a bambine e bambini palestinesi e siro-palestinesi.

Come tutte le attività, però, anche le nostre e quelle di Assomoud si sono dovute fermare, spostando la didattica online in condizioni davvero complesse, con mezzi molto lontani da quelli di cui disponiamo in Italia.

La lettera che Sheraz ha scritto ad Alessandra ci racconta tutto questo. Le preoccupazioni di una bambina per un paese che in qualche modo l’ha adottata, e la difficoltà di non poter andare a scuola, chiusa in una casa che immaginiamo felice, ma sovraffollata e non dotata dei confort a cui siamo abituati/e nei nostri paesi.

 

Vuoi attivare un sostegno a distanza? Fallo oggi stesso cliccando qui o richiedi informazioni scrivendo a: sostegni@unponteper.it