L’Italia istituisca un organismo per monitorare lo stato d’emergenza

7 Aprile 2020, 15:59

Le misure di contenimento e di limitazione delle libertà individuali e collettive sono necessarie per prevenire il contagio. Ma lo stato di emergenza dichiarato necessita meccanismi di monitoraggio del rispetto dei diritti umani. Questa la richiesta contenuta in una lettera della rete “In Difesa Di” firmata da oltre 20 organizzazioni della società civile italiana, inviata al Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU).

di Francesco Martone, membro del Comitato Nazionale di Un Ponte Per*

La crisi epocale innescata dal COVID-19 ha aperto numerosi interrogativi sul significato stesso della convivenza, della coabitazione, ridisegnando i confini dello spazio pubblico in maniera assolutamente inedita e dagli esiti imprevedibili.

Misure di contenimento della libera circolazione, divieti di assembramento hanno portato come conseguenza alla temporanea limitazione, se non sospensione, di alcuni diritti fondamentali, quali il diritto alla mobilità, a riunirsi, a manifestare, alla vita familiare.

La tensione tra responsabilità e diritti fondamentali attraversa le scelte dei governi, ispirate e fondate dalla scienza, e popola le analisi critiche che si sono andate susseguendo nelle prime settimane di “lockdown”.

C’è chi teorizza uno stato di eccezione globale permanente, chi ritiene le misure draconiane adottate l’unica modalità possibile per contenere l’avanzata del virus anche a discapito di diritti fondamentali.

L’obbligo di tutelare il bene collettivo, la salute pubblica, entra in frizione con altri diritti umani fondamentali, che la dottrina ed il diritto internazionale ritengono indivisibili. Non a caso, fin dall’inizio della pandemia, vari pronunciamenti delle Nazioni Unite hanno esortato gli stati a fondare qualsiasi iniziativa ed approccio alla gestione della crisi pandemica sui diritti umani e ad assicurare i risetto dei diritti e del diritto alla salute per le persone più vulnerabili ed a rischio.

Organizzazioni quali Human Rights Watch, International Centre for Non-Profit Law ed European Centre for Non-profit law hanno pubblicato analisi chiare sulla relazione tra diritti umani ed il loro godimento, e la crisi del Covid-19.

Una crisi che disvela, come spiegato dal Transnational Institute di Amsterdam, tutte le contraddizioni e le ingiustizie del modello economico dominante, un modello che anche prima dell’arrivo del virus era causa diretta o indiretta di violazioni dei diritti umani, sociali, economici, culturali ed ambientali per gran parte dell’umanità.

Sarà pertanto fondamentale affrontare il Covid-19 facendo perno su un approccio fondato sui diritti, ora e dopo, quando sarà ritenuto necessario proseguire con misure di contenimento che avranno ripercussioni anche su come i cittadini e le cittadine potranno agire e praticare lo spazio pubblico, come potranno mobilitarsi, rivendicare i propri diritti. 

Le notizie che provengono da vari paesi non autorizzano ottimismo. Dalle periferie del pianeta, ad esempio dai territori e dalle comunità rurali ed indigene della Colombia già sotto attacco prima della pandemia ed ora ancor di più sotto il mirino di forze paramilitari che per prendere il controllo di risorse naturali preziose, stanno praticando una strategia di vero e proprio sterminio. Che non si arresta, se è vero quel che denunciano le organizzazioni locali, negli scorsi dieci giorni almeno 6 leader sono stati assassinati.

La recente mossa di Viktor Orban, che gli ha permesso di avere pieni poteri per gestire la crisi, sulla scia di quanto fatto in altri paesi, dalle Filippine, all’Egitto, alla Serbia, alla Turchia rende ancor più rilevante l’appello fatto dai relatori speciali ONU dell’Ufficio dell’Alto Commissario ONU sui Diritti Umani, che mettono in guardia sul rischio che la crisi del Covid-19 possa essere utilizzata dai governi per rafforzare i loro poteri, senza alcun controllo, o per accentuare i loro tratti autoritari.

Lo stesso appello invita tutti gli stati membri, e quindi anche il nostro paese, a vigilare affinché ciò non accada e da parte loro ad ottemperare agli obblighi previsti dal diritto internazionale in caso di dichiarazione dello stato di emergenza.

Il Patto Internazionale per i Diritti Civili e Politici delle Nazioni Unite prevede infatti l’obbligo per i paesi membri di notificare immediatamente la dichiarazione dello stato di emergenza, e di informare gli Stati Membri (in questo caso attraverso il Segretario Generale) dell’entità delle deroghe a tali impegni, le motivazioni delle stesse, tutti gli atti adottati al riguardo, e informazioni di massima sulla durata.

Ad oggi non risulta che ciò sia stato fatto dall’Italia. Una situazione che richiama l’attenzione sull’assenza nel nostro Paese di un’Autorità Nazionale Indipendente che possa vigilare sulla tutela dei diritti umani fondamentali, non a caso il Francia, la Commission Nationale Consultative des Droits de l’Homme ha istituito un organismo di monitoraggio dello stato di emergenza.

Anche il nostro paese dovrebbe essere tenuto a farlo. A tale scopo potrebbe ottemperare (in assenza di un organismo indipendente, che si spera possa essere istituito quanto prima dopo oltre venti anni di ritardi) il Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU).

Questa la richiesta contenuta in una lettera inviata dal Comitato da parte della rete “In Difesa Di, per i diritti umani e chi li difende”, e firmata da oltre 20 organizzazioni della società civile italiana, che invitano il CIDU a assicurare il rispetto degli obblighi di notifica internazionale e di attuare un monitoraggio sulle deroghe ai diritti umani fondamentali applicate nel nostro paese.

Francesco Martone – Membro del Comitato Nazionale di Un Ponte Per
*La versione orginale di questo articolo è stata pubblicata su Huffington Post Italia il 7 aprile 2020.