Beirut Explosion: un anno dopo, la situazione del Libano resta drammatica

4 Agosto 2021, 11:18

A distanza di un anno dalla terribile esplosione del 4 agosto, la situazione del Paese rimane in bilico tra un quotidiano di precarietà e il collasso totale del sistema politico-economico.
Da quel giorno, grazie alle vostre donazioni, insieme abbiamo fatto la nostra parte.

Dal punto di vista finanziario il Libano sta sprofondando in una crisi profondissima: la moneta si è svalutata di oltre il 90%, il tasso ufficiale di cambio con il dollaro continua ad essere a 1.500 LBP = 1 $, mentre il mercato nero cambia 1$ con circa 19.000 lire libanesi. Con queste cifre riuscire a fare la spesa, mettere benzina all’automobile, mandare figli/e a scuola o curarsi diventa un’impresa impossibile per le persone. Tutto ciò ha comportato un cambio radicale nella vita della popolazione: dal 2019 ad oggi circa 7 persone su 10 sono scivolate in fretta sotto la soglia di povertà. Quotidianamente ci sono risse per accaparrarsi i beni di prima necessità, risse che sfociano spesso in sparatorie sedate dall’intervento dell’esercito. Le comunità migranti e rifugiate – palestinesi, siriane, ma anche provenienti dai Paesi dell’Africa subsahariana – risultano essere ancora più vulnerabili del periodo pre-crisi, benché vivessero già in condizioni difficilissime.

Dall’inizio della thawra – la lunga protesta dei/lle giovani libanesi contro settarismo e corruzione – del 17 ottobre 2019, alla diffusione del Covid-19, fino all’esplosione del 4 agosto di un anno fa, il Paese ha subito un lento e inesorabile declino economico, sociale e sanitario le cui responsabilità giacciono sulle spalle di una classe politica inetta” – racconta preoccupato David Ruggini, Capo Ufficio di Un Ponte Per a Beirut. Nel frattempo la popolazione sta raggiungendo percentuali di povertà sempre più preoccupanti e fatica a sopravvivere.

In particolare – secondo l’ultimo report Unicef – il 15% delle famiglie decide di interrompere l’educazione dei propri figli e delle proprie figlie, una famiglia su quattro non può permettersi strumenti per la didattica online, nel 30% delle famiglie un/a bambino/a salta almeno un pasto ogni giorno. Per non parlare del più elementare dei bisogni: il 60% fa debiti per comprare il cibo, mentre il 77% non ha cibo in tavola a sufficienza (percentuale che si alza al 99% nelle famiglie di rifugiati/e siriani/e e palestinesi).

La situazione è prossima al collasso, gli aiuti internazionali sono subordinati all’approvazione di un governo che attui le solite riforme neoliberiste imposte alle popolazioni allo stremo. Aiuti in cambio di riforme nei settori chiave: quello economico-finanziario, le telecomunicazioni, l’approvvigionamento energetico. Dopo mesi di stallo politico dovuto alla querelle tra il premier designato Hariri e il presidente Aoun, l’incarico di governo è passato di mano ad un altro esponente della comunità sunnita: Najib Miqati, miliardario libanese già ex-premier nel 2005 e nel periodo 2011-2013. “Un altro politico dell’ancien regime – secondo David Ruggini – che verosimilmente non avrà nessuna intenzione di mettere in discussione il sistema politico settario stabilito alla fine della guerra civile. É una classe dirigente di cui tutti/e farebbero a meno ma di cui nessuno/a riesce a liberarsi”.
Poche le speranze politiche per il piccolo Paese levantino – “Esistono diverse realtà della società civile libanese, che si stanno formando e organizzando in vista delle elezioni del 2022, ma quelle elezioni vengono percepite dal popolo come una prospettiva lontanissima, rispetto ai rischi quotidiani imminenti” – commenta il Capo Ufficio.

Alla pesantissima crisi politico-finanziaria si è sommata quella sanitaria, che risente enormemente della diffusione del Covid-19. Soprattutto il primo lockdown ha messo in ginocchio moltissime attività economiche, lasciando in estrema difficoltà un sistema sanitario basato su ospedali privati, accessibili solo tramite assicurazione.
L’approvvigionamento di medicine, basandosi prettamente su transazioni in dollari, è stato fortemente limitato dalla fluttuazione della moneta sul mercato nero e dalla sospensione dei sussidi statali: per diverse settimane sia i medicinali di base che quelli specifici per le malattie croniche sono stati introvabili, obbligando il sindacato dei farmacisti a indire scioperi di 24-48h in segno di protesta” – racconta David.

Attualmente il rischio maggiore lo corrono però gli ospedali: i contagi stanno aumentando progressivamente con la diffusione della variante delta, medicinali e materiale medico scarseggiano, gran parte del personale qualificato è emigrato e infine la crisi di approvvigionamento del greggio mette a rischio i reparti di terapia intensiva e sub-intensiva, a causa dei continui tagli alla corrente elettrica.  

Da quel terribile 4 agosto di un anno fa noi di Un Ponte Per abbiamo risposto ai bisogni impellenti delle fasce di popolazione maggiormente in difficoltà. La raccolta fondi straordinaria “Emergenza Libano – Con Beirut nel cuore” che è partita in quei giorni, ha consentito di sostenere i nostri partner locali nella risposta alla prima emergenza e alla crisi sanitaria che ne è seguita. Un’azione resa possibile solamente grazie a tutte/i coloro che hanno generosamente donato.

Grazie alle tante donazioni arrivate, abbiamo:

– distribuito pacchi alimentari e beni di primissima necessità nei campi profughi

– riaperto in sicurezza igenico\sanitaria i Centri educativi del nostro partner Assomoud, vero argine alla dispersione scolastica infantile e al lavoro minorile nei campi profughi palestinesi

inaugurato una partnership con Mediterranean Hope mettendo a disposizione dell’organizzazione i locali nel Campo di Shatila per effettuare visite mediche gratuite all’interno del campo. Ad oggi sono stati visitati e vengono tutt’ora seguite circa 80 persone. Dall’inizio del progetto (dicembre 2020) si aggiungono circa 10 casi al mese, prevalentemente donne e bambini/e, a cui garantiamo visite specialistiche, test, analisi e perfino operazioni chirurgiche

distribuito cesti alimentari e fornito rifugio alle lavoratrici migranti e alle donne rifugiate che stanno affrontando la perdita della casa e del reddito. Insieme all’AntiRacism Movement (ARM) abbiamo lanciato un ulteriore programma distribuendo circa 1.800 kit di prima necessità a 800 famiglie ogni mese.


Ciononostante oggi 4 agosto è un giorno triste.
Ricorre il primo anniversario dell’esplosione nel porto di Beirut, una tragedia in cui hanno perso la vita 215 persone, e oltre 7000 sono rimaste ferite. Ancora oggi l’inchiesta partita subito dopo quella devastazione non ha individuato i responsabili né prodotto conclusioni rilevanti . “Chi sapeva, chi doveva o poteva fare qualcosa, non ha fatto nulla. I politici tendono a coprirsi a vicenda, sfruttando il sistema giudiziario per rallentare o insabbiare le investigazioni” conclude David.

Oggi 4 agosto, ad un anno esatto da quell’evento, i parenti delle vittime, le persone care e chiunque abbia a cuore la verità, sta scendendo nelle strade libanesi a manifestare, chiedendo giustizia per quelle vite spezzate senza un perché.

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