Al-Thawra Untha: la potenza delle donne irachene 

3 Febbraio 2023, 17:03

Fin dagli anni ‘90 Un Ponte Per ha gettato i primi semi di supporto e solidarietà verso la giovane società civile irachena, promuovendo la difesa dei diritti umani e l’uguaglianza di genere al fine di creare in Iraq un ambiente sociale libero dalla violenza e dagli estremismi: un luogo in cui coltivare la felicità e l’uguaglianza, la sicurezza umana, la pace, le diversità.

Sappiamo bene quanti stravolgimenti sono avvenuti negli anni successivi, influenzando a lungo negativamente la società irachena e in particolare la condizione delle donne.

Nei due decenni trascorsi da quando il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha stabilito che le donne hanno un ruolo cruciale da svolgere nel “mantenimento e nella promozione della pace e della sicurezza internazionali”, attraverso la Risoluzione 1325 “Donne, Pace e Sicurezza”, un ampio e crescente numero di ricerche ha dimostrato che il rafforzamento della partecipazione politica e sociale delle donne riduce le probabilità che un paese torni in conflitto. E’ ormai ampiamente assodato che la partecipazione civile e politica delle donne può avere un impatto positivo in tutte le fasi, dall’avvio dei negoziati durante una guerra, all’attuazione della governance postbellica. Per noi era chiaro dal principio: la pace è donna o semplicemente non è.

Lì dove le teorie politiche sembravano condannate al fallimento, sono state ancora una volta le pratiche reali a farsi rivoluzione: solo la forza e la potenza dei corpi delle donne nello spazio pubblico possono scardinare il normativismo patriarcale. Donne che sorridono, che tengono le mani alzate verso il cielo, che chiedono la libertà per la quale in centinaia hanno pagato un prezzo di sangue. Donne che cantano e gridano, che dipingono e ballano, che lavorano e creano, che guidano una rivoluzione per cambiare il loro paese. Donne che si oppongono all’ignoranza e alla corruzione, allo spargimento di sangue e alla guerra, alla violenza patriarcale sui loro corpi. Donne che promuovono un’immagine di loro stesse finalmente diversa, in quelle società che le emarginano.

Sono queste le donne che abbiamo scelto di sostenere. Sono le donne irachene che hanno preso parte in massa alla rivoluzione dell’ottobre 2019, quando i/le manifestanti si sono riversati/e per le strade di tutto l’Iraq per oltre cinque mesi, rivendicando i loro diritti di esseri umani. Nonostante le violente repressioni e nonostante le parole del clerico sciita Moqtada al-Sadr, secondo cui le donne sarebbero dovute “rimanere a casa”, perché le proteste non erano cosa loro.

Un anno prima, un enorme onda umana aveva riempito le strade del Sudan, chiedendo maggiori diritti politici e un accesso dignitoso all’istruzione e all’assistenza sanitaria. Per tutte e tutti. Le proteste sudanesi hanno infine portato al rovesciamento, dopo lunghi 30 anni di dittatura, di Omar al-Bashir.

Le donne irachene e sudanesi hanno avuto un ruolo fondamentale in queste rivoluzioni, come militanti, organizzatrici, raccoglitrici di fondi e strateghe. La loro partecipazione è stata tanto diversa quanto preziosa: giovani e anziane, più o meno abbienti, di religioni ed etnie diverse. I loro sforzi hanno portato a cambiamenti sociali non meno importanti di quelli politici.

Nonostante i fatti, le donne continuano ad essere sistematicamente escluse dai meccanismi e dai processi di pace, in particolare da quelli che riguardano la transizione democratica. Questo dimostra che anche quando svolgono un ruolo principale nel guidare la richiesta di cambiamento, sono ancora tenute fuori da ciò che viene dopo: la creazione di nuove dinamiche di governo. Le esperienze rivoluzionarie delle donne in Sudan e in Iraq non fanno eccezione a questa triste realtà.

In entrambi i paesi le donne sono scese in piazza, sfidando le norme patriarcali tradizionali per chiedere un cambiamento politico e il riconoscimento dei loro diritti sociali ed economici. Tuttavia, in entrambi i casi, sono state estromesse dal decidere cosa sarebbe arrivato dopo.

Con l’obiettivo di non disperdere l’enorme patrimonio di idee e pratiche femministe, profuse nelle grandi mobilitazioni, è nata l’idea del nostro progetto “Al-Thawra Untha” (La rivoluzione è donna) nei due paesi.

Il progetto quinquennale è sostenuto dal Ministero degli Affari Esteri dei Paesi Bassi e prevede attività in 7 governatorati iracheni (Bassora, Salah Al-Din, Baghdad, Ninive, Anbar, Najaf e Dhi Qar) nonché in diverse aree del Sudan, in collaborazione con le organizzazioni locali partner Information Center for Research and Development (ICRD), Tammuz Organization for Social Development e SIHA Network. Lavoriamo tutte insieme verso un unico obiettivo: l’emancipazione politica delle donne e il rafforzamento del loro fondamentale ruolo in campo politico.

Il progetto in Iraq contribuisce a sostenere il gruppo femminista “She Revolution”, una piattaforma indipendente molto presente che sta riuscendo a consolidare il patrimonio politico delle proteste.

La piattaforma organizza iniziative e attività che incoraggiano le ragazze e le donne ad impegnarsi nell’attivismo, nella partecipazione politica e nelle rivendicazioni sociali, lavorando costantemente per abbattere le norme di genere stereotipate, difendendo con coraggio i diritti delle donne.

Dal lancio del progetto “Al-Thawra Untha”, abbiamo visto tante donne di diversa provenienza entrare a farne parte, lavorando sull’emancipazione politica, sulla diversità, la pace e l’eliminazione di tutti i tipi di violenza, soprattutto quella di genere e familiare purtroppo ancora ampiamente tollerate.

La strada è ancora lunga e probabilmente in salita, ma non un solo passo indietro faremo restando al fianco delle nostre sorelle irachene. Un altro Iraq è ancora possibile, grazie soprattutto alla forza delle donne.

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