Salviamo il fiume Tigri e le Paludi mesopotamiche

12 May 2015, 16:25

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Riportiamo il position paper di Iraqi Civil Society Solidarity Initiative (ICSSI) sulla salvaguardia del fiume Tigri e delle Paludi Mesopotamiche. 

 

Erbil, 12 maggio 2015 – L’Iraq sta vivendo una crescente emergenza idrica. Le frequenti carenze di acqua, dovute ad una cattiva gestione ormai cronica, si sono intensificate trasformandosi in una crisi complessa. Daesh sta usando le riserve idriche irachene per tenere sotto pressione le comunità locali. Ha preso il controllo delle infrastrutture e delle dighe in diverse aree del paese, e sta utilizzando tattiche di guerra – tra cui allagamenti e tagli improvvisi di acqua – per manipolare la popolazione e imporre la sua agenda politica.

La comunità internazionale è allo stesso modo responsabile per la grave minaccia che stanno vivendo le infrastrutture irachene, dal momento che la Coalizione internazionale ha bombardato in modo esteso le zone in prossimità della Diga di Mosul e altre strutture, che potrebbero essere state inesorabilmente danneggiate. I cittadini iracheni vivono tra la paura di allagamenti e della totale carenza di acqua.

La campagna “Salviamo il fiume Tigri e le Paludi mesopotamiche” è stata avviata nel 2012 per proteggere sia la quantità che la qualità delle acque del più grande fiume iracheno, e per salvaguardare alcuni luoghi che, lungo il corso di questo fiume, rappresentano un patrimonio culturale per il paese.

I recenti attacchi mossi da Daesh alle antiche città di Nimrud e Hatra (quest’ultima Patrimonio dell’Umanità) rendono la protezione del patrimonio culturale e naturale iracheno ancora più urgente. Crediamo che la salvaguardia del patrimonio culturale e di quello naturale dell’Iraq debbano andare di pari passo.

Inoltre, per proteggere i suoi siti archeologici, l’Iraq deve assicurare che una quantità sufficiente di acqua raggiunga le Paludi mesopotamiche, perché sia assicurata la salute ambientale e la qualità della vita locale di quello che una volta era il più grande ecosistema palustre del Medio Oriente. Oggi che il conflitto minaccia di ridurre ulteriormente l’afflusso di acqua alle Paludi mesopotamiche, ogni sforzo necessario deve essere intrapreso per proteggere questa meraviglia naturale e culturale.

L’approvvigionamento idrico in Iraq vive oggi un’ulteriore minaccia, rappresentata dalla realizzazione da parte della Turchia del Grande Progetto Anatolico (GAP), con la contestata costruzione della Diga di Ilisu. La Turchia ha colto l’occasione del rinnovato conflitto in Iraq per avviare la costruzione di infrastrutture lungo il fiume Tigri senza aver prima concluso un accordo con l’Iraq, così come previsto dal Diritto internazionale.

Anche per questo la campagna “Salviamo il fiume Tigri” ha tentato di fermarne la costruzione. Recentemente sono stati riavviati i negoziati tra Ankara e Baghdad per imporre una maggiore condivisione delle decisioni relative al corso delle acque. Tuttavia, il governo di Baghdad sino ad oggi si è concentrato esclusivamente sulla condivisione della gestione idrica e non sul diritto all’acqua nel quadro della legalità internazionale.

Consideriamo questo punto come altamente problematico poiché si concentra esclusivamente sul fabbisogno e non sul diritto all’acqua, ne’ sull’obbligo da parte degli Stati al nord, come la Turchia, di consultare i propri vicini del sud prima di avviare qualsiasi progetto di costruzione di infrastrutture e dighe. Un modo di procedere che può dare alla Turchia l’impressione che l’Iraq non si curi delle infrastrutture realizzate, benché abbiano un pesante impatto sulla vita di tutti gli iracheni che vivono nelle aree a sud della diga.

Recentemente la campagna “Salviamo il fiume Tigri” ha ampliato il suo campo d’azione per includere tra i suoi obiettivi quello più vasto della protezione dell’intero complesso delle infrastrutture irachene, garantendo l’accesso all’acqua a tutti i cittadini. La campagna si oppone ad ogni deliberata manipolazione delle risorse acquifere come tentativo di controllare azioni o risultati nel corso di conflitti armati. L’accesso all’acqua è un fondamentale diritto umano, e l’acqua non dovrebbe mai essere utilizzata come arma. Usarla per controllare popolazioni che vivono in zone di conflitto è una diretta e palese violazione del Diritto Internazionale Umanitario.

I cittadini iracheni e le organizzazioni della società civile rivendicano trasparenza nelle informazioni relative ai negoziati da parte del Governo iracheno per tutto ciò che riguarda le questioni dell’acqua. Il Governo iracheno ha l’obbligo, stabilito dal Diritto internazionale, di proteggere e garantire il diritto all’acqua dei suoi cittadini, che permane nonostante l’attuale crisi. La costruzione della Diga di Ilisu e il più vasto progetto GAP, così come la realizzazione di nuove dighe in Iran, rappresenta una minaccia al diritto all’acqua degli iracheni, e facciamo appello al Governo perché agisca per proteggerne l’accesso ed impedisca che l’acqua sia usata come strumento di guerra. Il Governo iracheno dovrebbe analizzare con attenzione il linguaggio usato in ogni accordo stipulato con i suoi Stati vicini, e assicurare che sia coerente con i principi del Diritto internazionale in tema di accesso all’acqua.

Visto il peso delle minacce che l’Iraq sta subendo, il paese ha il diritto di cercare la mediazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riguardo il corso dei fiumi e i confini che condivide con la Turchia. Sappiamo che l’Egitto ha usato strumenti simili per risolvere le controversie con l’Etiopia grazie alle Nazioni Unite, che hanno consentito un rafforzamento dei negoziati al più alto livello inter-governativo.

Crediamo che l’Iraq dovrebbe avvalersi dei suoi diritti e delle minacce realmente esistenti per rompere qualsiasi situazione di stallo nei negoziati e assicurare che sia raggiunto un accordo con la Turchia solo se equo e corretto. Sia in Iraq che nella Regione autonoma del Kurdistan c’è la stringente necessità di assicurare che qualsiasi sviluppo e progetto pianificato relativo ai fiumi non sia una fonte di conflitto tra regioni e comunità all’interno del paese.

Per questo, facciamo appello al Governo iracheno, al Governo regionale curdo e a tutti gli attori non-statali per:

1. Concordare e agire in modo che infrastrutture come dighe e stazioni di de-salinizzazione non siano mai usate come strumenti di pressione politica o di guerra in nessun conflitto, che sia locale, regionale o internazionale;

2. Adottare il principio: “L’acqua è uno strumento per costruire una pace sostenibile nella regione”;

3. Coinvolgere la società civile irachena e internazionale come vero partner per affrontare le questioni relative all’acqua, all’ambiente, al patrimonio culturale lungo il corso del fiume Tigri;

4. Avviare discussioni per la costituzione di una Commissione indipendente che comprenda accademici, membri della società civile, membri del Governo e attori internazionali per assicurare un utilizzo sostenibile dell’acqua nel bacino del Tigri e dell’Eufrate.

Il Governo iracheno dovrebbe immediatamente:

1. Far valere i suoi diritti con la Turchia, in una situazione di reale minaccia, per cercare una mediazione attraverso l’intervento del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sull’impatto della Diga di Ilisu e sulle altre dighe e infrastrutture che impattano sui corsi d’acqua. Intensificare inoltre gli sforzi per raggiungere un accordo con l’Iran sulla gestione degli affluenti condivisi del Tigri;

2. Dichiarare pubblicamente la sua intenzione di assicurare in futuro una gestione dei bacini del Tigri e dell’Eufrate che sia in accordo con gli standard e la legalità internazionale. In particolare, facciamo appello al Governo iracheno perché assicuri che ogni sviluppo futuro sui due bacini sia subordinato alla consultazione e al dialogo con tutte le parti interessate, con l’esplicito obiettivo di tutelare i diritti del popolo all’acqua, prevenendo la distruzione del patrimonio naturale o culturale rappresentato dai due fiumi;

3. Cercare di fermare la costruzione ed il completamento delle dighe sul corso del Tigri e dell’Eufrate e sugli affluenti, e in modo particolare della Diga di Ilisu, in attesa che si concluda una trattativa di alto livello con il Governo iracheno sui potenziali danni sociali, culturali e ambientali rappresentati da queste infrastrutture. Di particolare importanza vista la loro centralità culturale sono l’antica città di Hasankeyf in Turchia e le Paludi mesopotamiche, entrambe candidate ad essere incluse tra i siti Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO;

4. Promuovere sforzi per assicurare che la Turchia, la Siria, l’Iraq e l’Iran firmino estesi accordi sui bacini dei due fiumi che soddisfino gli standard stabiliti dal Diritto internazionale, e che sia assicurato il diritto all’acqua alle generazioni presenti e future che vivono lungo il corso del Tigri e dell’Eufrate, preservando non solo la quantità ma anche la qualità dell’acqua e l’ecosistema dei due bacini;

5. Informare i cittadini iracheni sulle azioni governative intraprese e sugli sforzi relativi alla protezione delle risorse acquifere nazionali.

La Iraqi Civil Society Solidarity Initiative (ICSSI) è un’iniziativa di advocacy che lavora per costruire legami concreti tra le organizzazioni della società civile internazionali e quelle irachene, coordinata a livello internazionale da Un ponte per… Sostiene campagne e progetti che promuovono i diritti umani, la pace e ogni sforzo per opporsi a conflitti settari, corruzione e violenza in Iraq. Sostiene ogni iniziativa nonviolenta delle Ong irachene, dei sindacati, dei movimenti sociali e dei media indipendenti che tentano di promuovere giustizia sociale, difendere i diritti umani e uscire da anni di guerre e privazioni costruendo una pace giusta e durevole. ICSSI è nata in seguito alla più grande manifestazione contro la guerra mai organizzata al mondo del 15 febbraio 2003, che si opponeva all’intervento armato in Iraq. Da quel momento ha sempre lavorato in collaborazione con il processo del Forum Sociale Mondiale, sviluppando la sua strategia in partnership con il Forum Sociale Iracheno. ICSSI porta avanti numerose campagne, tra cui quella per la libertà di espressione e di stampa, per i diritti delle donne e la parità di genere, per i diritti dei lavoratori, contro la privatizzazione della guerra, per la salvaguardia del patrimonio culturale, storico e ambientale dell’Iraq. “Save the Tigris and the Iraqi Marshes” è una delle campagne che promuove dal 2012 con partner iracheni, curdi, iraniani ed europei.