Un “ponte di donne” per decostruire stereotipi. Intervista a Rita Petruccioli

5 Maggio 2023, 10:27

Abbiamo incontrato Rita Petruccioli, l’illustratrice che ha donato il suo lavoro per realizzare la tessera 2023 di Un Ponte Per. “Amo disegnare donne combattenti”, ci spiega, “sono loro a cambiare la storia”.

di Edoardo Cuccagna e Cecilia Dalla Negra

E’ un ponte di donne quello che ha scelto di disegnare Rita Petruccioli, l’illustratrice che ha donato il suo lavoro per realizzare la tessera 2023 di Un Ponte Per. Vicine, sorridenti, unite nella loro diversità, per restituire le tante soggettività in campo nella costruzione di cambiamenti possibili, e sempre radicali. “Amo disegnare le donne”, racconta Rita, che viene a trovarci nella nostra sede romana una mattina di inizio primavera. “Credo che quando ad essere rappresentata è una pluralità di donne, in realtà ad emergere sia una base di costruzione della comunità fondamentale. Rappresentare uomini non è la stessa cosa. Costruire comunità è un atto che si compie su tanti livelli: io ho scelto quello della rappresentazione, del tratto e del disegno. E’ complesso, perché bisogna restituire complessità in modo estremamente semplice e comprensibile per le persone”, ci spiega.

Le chiediamo del suo lavoro, di come è iniziata questa avventura nel disegno, e Rita ci racconta che è sempre stato il suo sogno. “Il mio è stato un percorso classico, iniziato all’Accademia delle Belle Arti di Roma. Con il passare del tempo però ho capito che non volevo solo dipingere e disegnare, ma raccontare storie, e all’epoca l’illustrazione non era una disciplina contemplata nell’Accademia. Sono partita per Parigi, e lì mi sono specializzata in grafica d’arte. Ho iniziato a lavorare in ambito pubblicitario, ma la notte creavo illustrazioni per bambini e bambine che poi proponevo a case editrici e festival. In qualche modo ha funzionato, e sono riuscita a spostare il mio lavoro su l’illustrazione per l’infanzia, cominciando a illustrare classici come l’Iliade e l’Odissea. Gradualmente ho iniziato a capire che volevo prendere il potere sulla pagina, non solo illustrare storie ma crearne. E quindi ho cominciato a fare fumetti”, ci racconta. “Non è stato semplice: venivo dall’idea, ovviamente sbagliata ma molto radicata, che l’illustrazione sia più adatta alle donne, mentre i fumetti sono cose ‘da maschi’”.

Escono così Frantumi (scritto con Giovanni Masi e pubblicato da Bao Publishing) e Ti chiamo domani, la prima graphic novel interamente scritta da lei. A questa riappropriazione, questo mettere se stessa nel processo creativo, Rita arriva grazie anche al percorso con la Casa delle Donne “Lucha y Siesta” di Roma, da anni in prima linea nella battaglia contro la violenza patriarcale. “Molti anni fa abbiamo avviato un percorso insieme”, racconta. “A Lucha sono arrivata grazie a un libro (scritto da Silvia Ballestra, illustrato da Rita e pubblicato da Laterza) che si intitola La città delle dame. Racconta la storia di una donna straordinaria: Christine de Pizan, la prima scrittrice della storia che nel 1.300 ha avuto un particolarissimo percorso di autodeterminazione aprendo un suo laboratorio amanuense. All’epoca, De Pizan rappresenta un caso isolato di donna scrittrice. Si rendeva perfettamente conto che nella comunità che la circondava si parlava estremamente male delle donne e loro non potevano saperlo, non scrivendo e non leggendo. Nel suo La città delle dame allora decide di racconta le vite delle donne forti che hanno fatto la storia”, racconta Rita. Una sorta di “Storie della buonanotte per bambine ribelli”, ma scritto 600 anni prima. “Una cosa che ci dà la misura di quanto sia lungo il nostro percorso di autodeterminazione”, sorride.

Rita sceglie di portare Christine e la sua straordinaria vita all’interno di laboratori per bambini e bambine, che svolge a Lucha y Siesta e in altri spazi di donne. “L’idea era che prendessero ispirazione dal suo lavoro e immaginassero chi fossero le donne forti che li circondavano. Mi sono resa conto che non ne avevano idea. E’ stata un grande occasione di dialogo e costruzione di conoscenza”, spiega Rita. Che a Lucha si sente a casa perché “è la pratica a cambiare il nostro modo di agire che cambia anche la realtà”. Da quel percorso esce più forte e consapevole delle proprie capacità. Nasce così, tra le altre cose, l’illustrazione della Luchadora, che diventerà il simbolo di resistenza della comunità femminile di Lucha y Siesta quando la casa verrà minacciata di sgombero nel 2019 (la battaglia legale è ancora in corso).

“Diverse persone vicine a Lucha si sono unite per creare una comunicazione che supportasse la Casa in un momento di lotta necessaria”, ricorda Rita. “Tra i progetti realizzati c’è stato quello delle Luchadoras, che si basa su una pratica usata sui social da disegnatori e disegnatrici in tutto il mondo: creare un disegno e invitare a reinterpretarlo e diffonderlo ovunque, ognuno/a con il proprio stile”, spiega. “Nella rappresentazione del corpo della donna ci sono tante controversie, grandi rischi di cadere nello stereotipo. Creando una call aperta abbiamo dato la possibilità a chiunque di creare un suo modello di luchadora. Questo ha fatto sì che ce ne fossero di etnie, età, conformazioni fisiche molto diverse. Ce n’è una che adoro, davvero potentissima perché ha una mastectomia evidente. L’idea di utilizzare la luchadora viene dal fatto che io sono sempre molto felice di rappresentare donne combattenti, forti, guerriere. Nella mia carriera, ad esempio, mi sono rifiutata di disegnare Didone che si suicida. Era una donna forte, guidava un regno da sola, eppure la ricordiamo solo per l’atto di togliersi la vita per amore”.

Forse anche per questo, Rita ci racconta di essere stata felice di realizzare la nostra tessera, alla luce del lavoro che portiamo avanti per sostenere le lotte di autodeterminazione delle donne nei paesi in cui operiamo. “Vi conoscevo già come associazione che lavora in luoghi di guerra, e sentivo che eravate dalla parte alla quale dare fiducia. L’idea di costruire ponti e non muri mi sembra bellissima da diffondere. Il mio ponte per voi è tutto femminile, perché sono le donne che cambiano la storia”.

E se dovessimo essere noi ad immaginare di rappresentare la nostra luchadora, avrebbe il volto e la forza delle giovani donne che in Iraq, nel 2019, hanno scritto una straordinaria pagina di femminismo e ancora oggi lottano per la propria autodeterminazione. Chissà che un giorno le piccole combattenti ideate da Rita non arrivino anche sui muri di Baghdad.