Sei anni di lavoro per la salute delle donne in Iraq

31 Gennaio 2024, 12:28

Si chiude il lungo programma di Un Ponte Per dedicato alla salute delle donne nel paese e sostenuto dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS). I centri sanitari che abbiamo creato verranno affidati alle autorità locali, che continueranno a gestirli in autonomia. Un traguardo fondamentale per noi, che sappiamo di non essere più necessari. Ce lo racconta Lia Pastorelli, responsabile del programma in tutti questi anni.

Nella Piana di Ninive, in Iraq, tra Mosul e Bashiqa, lavoriamo da moltissimi anni. C’eravamo prima ancora che l’avanzata di Daesh (Stato Islamico) nell’area portasse distruzione e anni di feroce occupazione; prima che la battaglia per liberarla portasse con sé ulteriori devastazioni, e un prezzo altissimo per la popolazione civile. Quando c’è stato da ricostruire, quindi, non ci siamo tirati/e indietro. E anzi, tra gli impegni di più lungo corso – e con le più grandi soddisfazioni per i risultati ottenuti – c’è stato il nostro “Salamtak” (in arabo “La tua salute”). Sostenuto dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), e dalle generose donazioni delle persone che hanno risposto al nostro appello, “Salamtak” ha potuto operare dal 2018 alla fine del 2023.

Sei anni di lavoro e di cammino condiviso con la popolazione locale, che ha visto la costruzione di centri sanitari dove prima non esistevano, la riabilitazione di quelli esistenti, la formazione di personale specializzato e la sensibilizzazione delle comunità sul diritto alla salute fisica e psicologica, tutto con un solo obiettivo in mente: garantire, soprattutto alle donne dell’area, l’accesso ai propri diritti.

Quello alla salute sessuale e riproduttiva, prima di tutto. Ma anche alle cure pre e post natali, alla pianificazione familiare per poter scegliere se e quando avere figli/e; quello al sostegno psicologico, là dove anni di guerre e conflitti hanno confinato questi aspetti di fronte alle emergenze. In un parola: autodeterminazione.

“Salamtak” è stato un intervento importante, perché le donne e le ragazze irachene incontrano ancora molti ostacoli quando si tratta di accedere alla salute e ai diritti sessuali e riproduttivi. Credenze discriminatorie, limitata indipendenza nel processo decisionale, carenza di reddito e di istruzione e mancanza di consapevolezza riguardo alla disponibilità di servizi medici sono solo alcune delle difficoltà che devono ancora affrontare. Come sempre, la guerra comporta per loro un prezzo doppiamente alto da pagare. Per questo, in questi anni, abbiamo cercato di informarle sui loro diritti, accompagnarle nel percorso per rivendicarli, mettere loro a disposizione centri in cui confrontarsi con altre donne e trovare la cura e l’attenzione di operatrici altamente specializzate.

A coordinare il programma in tutti questi anni, la nostra Lia Pastorelli, Desk Programmi di Un Ponte Per.

“’Salamtak’, per noi di Un Ponte Per, ha rappresentato un impegno importante per supportare le popolazioni dell’area di Ninive colpite dagli effetti devastanti della guerra e dell’occupazione di Daesh. Durante questi 6 anni abbiamo affrontato insieme a loro i gravi danni materiali e le sfide psicologiche derivanti da questi conflitti, e abbiamo lavorato per uscire dall’emergenza”, ci racconta.

“Abbiamo assistito in sei anni più di 30.000 persone e ne abbiamo visitate in media 15 al giorno”.

 Le persone che abbiamo accolto hanno in media dai 13 ai 65 anni e si sono rivolte ai due Centri per gravidanze a rischio, servizi di maternità, cure materno-infantili, infertilità, sindrome dell’ovaio policistico, diabete gestazionale fino ai tumori ovarici. I maggiori accessi registrati sono state giovani donne tra i 18 e i 34 anni.

Tra di loro, Afrah di 33 anni, con quattro figli, che ha dovuto affrontare sfide significative durante il suo percorso di maternità. Rientrata nell’area dopo aver vissuto 3 anni in un campo per sfollati, Afrah ha conosciuto il programma ‘Salamtak’ attraverso un operatore sanitario della comunità.

Afrah aveva perso un bambino due giorni dopo la nascita a causa di un’infezione. Era terrorizzata che potesse accadere di nuovo. Con il supporto di ‘Salamtak’, che le ha garantito sostegno psicosociale e assistenza medica, Afrah ha scoperto una disfunzione nella gestazione. Grazie a una diagnosi tempestiva e alle cure necessarie, è riuscita a portare a termine la sua ultima gravidanza in modo sicuro”, ricorda Lia.

Che ci spiega come, insieme al programma, sia cambiato anche il paese. Il modo in cui la comunità – e le donne in particolare – abbiano iniziato a percepire i propri diritti e la capacità di auto-determinarsi. “Abbiamo toccato con mano l’impatto del nostro lavoro: oggi le donne hanno più consapevolezza dei propri diritti e della possibilità di rivendicarli”, ci spiega.

“Nei primi anni abbiamo cercato di migliorare i servizi di salute nei centri sanitari che erano rimasti in piedi durante la guerra. In particolare a Mosul, Bashiqa e Nimrud, zone che hanno pagato un prezzo molto alto, e in cui siamo riusciti/e a raggiungere oltre 12.000 persone. A questo tipo di intervento, però, abbiamo sempre voluto accostare anche un lavoro capillare di sensibilizzazione delle comunità: abbiamo organizzato decine di campagne per rompere lo stigma sociale e l’isolamento delle persone che hanno bisogno di supporto psicologico”, ci spiega Lia. “Poi ci siamo concentrati/e sul potenziamento della presenza di personale medico nei diversi centri sanitari: questo ha permesso un aumento di oltre il 270% di accessi ai servizi garantiti”.

Nell’ultima fase del progetto, che si è conclusa a dicembre 2023, abbiamo stretto la collaborazione con il partner Solidarité International, e ci siamo concentrati/e in particolare sull’area di Mosul. Un tempo roccaforte di Daesh in Iraq, Mosul porta ancora impressi i segni della guerra.

“Mosul è stata per noi una sfida importante”, ricorda Lia. “Abbiamo voluto aumentare la qualità e l’accessibilità alla salute sessuale e riproduttiva: donne e ragazze hanno rappresentato oltre il 90% delle persone raggiunte. Consultazioni, esami diagnostici di base e screening, cure pre e post-natali, trattamenti terapeutici, prevenzione e cura delle malattie sessualmente trasmissibili, pianificazione familiare, sono stati al centro del nostro lavoro. Senza mai dimenticare i servizi di assistenza sanitaria materno-infantile attraverso consultazioni pediatriche, integrate con la salute mentale e il supporto psicosociale”.

Nel corso degli ultimi mesi, abbiamo lavorato instancabilmente per ampliare il nostro impatto nella comunità delle donne irachene e assicurare assistenza medica e diritto alla salute a tutti e a tutte.

E il 31 ottobre scorso abbiamo finalmente riattivato il reparto di maternità nell’ospedale “Hamam al-Alil”, a Mosul. “Un traguardo importante per assicurare il diritto a una gravidanza serena e a cure di qualità per le donne dell’area”,
sottolinea Lia.

Il nuovo reparto di maternità offre infatti servizi essenziali che comprendono l’assistenza prenatale e postnatale, oltre a programmi educativi che riguardano la pianificazione familiare e l’allattamento al seno. Inoltre, garantisce 2-3 parti sicuri al giorno e fornisce una media di 250 consultazioni al mese alle donne e ai loro bambini e bambine. La struttura serve oltre 39 villaggi circostanti, per un totale di circa 120mila persone.

Ma ‘Salamtak’ ha supportato anche l’unico ospedale pubblico del governatorato di Ninive che si occupa di pazienti ustionati, l’Ospedale Al Hurok di Mosul. Lì abbiamo attrezzato due sale d’emergenza, inaugurate pochi giorni prima del terribile incidente che, nel settembre del 2023, ha colpito la città di Qaraqosh, che hanno potuto così essere operative per rispondere a quell’emergenza.

Il nostro lavoro è sempre stato portato avanti in collaborazione con le autorità locali, e in particolare con il Direttorato della Salute di Ninive, che abbiamo accompagnato per affrontare carenze strutturali e mancanza di personale formato. “Abbiamo coinvolto 112 persone dello staff medico e paramedico del Direttorato nella formazione, così da rendere il nostro intervento non più necessario e permettere alle autorità locali di proseguire in questo percorso autonomamente”, spiega Lia.

“Naturalmente non abbandoniamo nessuno: resteremo sempre a disposizione per consulenze e consigli”, sottolinea.  

Continuiamo quindi a camminare a fianco delle donne e delle comunità di Ninive, come abbiamo sempre fatto. Ma poter passare in consegna i centri sanitari al Direttorato alla Salute è per noi un traguardo fondamentale. Significa che l’Iraq, al centro di infinite emergenze umanitarie in questi anni, può tornare lentamente a camminare sulle proprie gambe, ricostruire dalle sue macerie, immaginare un futuro nel quale gli interventi di emergenza non siano più necessari, e si possa semplicemente costruire, insieme.