I CPR vanno chiusi. Subito

8 Febbraio 2024, 16:47

Pubblichiamo l’appello delle attiviste e degli attivisti del Comitato locale di Monza e Milano che da anni lavorano sul territorio in rete con le organizzazioni che si occupano di migrazione e accoglienza, cercando di supportare le persone migranti e denunciare le condizioni disumane imposte dall’istituto della detenzione amministrativa. 



Gli ultimi avvenimenti relativi ai Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) in Italia ci spingono a esprimerci apertamente e in maniera profondamente preoccupata. 

Un Ponte Per lavora sul territorio italiano attraverso il contributo dei suoi Comitati locali, come quello di Monza e Milano, che partecipano alle reti costituite in Italia per denunciare quanto accade in questi Centri, o per sostenere con piccole azioni le persone trattenute. Riteniamo infatti che la nostra azione si debba definire nei paesi colpiti da guerre e conflitti – come facciamo operando in Medio Oriente da oltre 30 anni – ma anche nei nostri territori, dove le persone che fuggono da quelle guerre arrivano o cercano di arrivare. 

L’istituto della detenzione amministrativa in Italia, ampiamente denunciato nel corso degli anni dalle organizzazioni che si occupano di migrazioni e accoglienza, andrebbe abolito. Ciò che accade all’interno dei CPR, tutti, indistintamente, è contrario alla nostra Costituzione, alla Dichiarazione dei Diritti Umani, alle Convenzioni internazionali. E al concetto stesso di “umanità”. 

L’indagine aperta dalla Procura di Milano sulla gestione del CPR di via Corelli rappresenta una piccola luce nel buio e nel silenzio, ma non deve confondere: non è chi gestisce i Centri a dover garantire il diritto alla salute e a condizioni igienico-sanitarie adeguate delle persone trattenute, né verificare le loro condizioni psicologiche. E’ la Prefettura, quindi lo Stato.  

Le cronache mediatiche si sono recentemente occupate anche del CPR di Palazzo San Gervasio (Potenza), in cui sono state riscontrate violazioni denunciate già da tempo anche a Milano: somministrazioni di psicofarmaci in dosi massicce, maltrattamenti, abusi da parte delle forze dell’ordine e dei legali a cui venivano indirizzate tutte le pratiche difensive. Sarebbero innumerevoli le citazioni di denunce che sono state presentate nel corso degli anni, da quando questi luoghi hanno cambiato nome, ma non caratteristiche, diventando CPR.  

Il 4 febbraio abbiamo assistito all’ennesima morte per detenzione in un CPR, a una morte di Stato. Nel Centro di Ponte Galeria (Roma), Ousmane Sylla, un giovane della Guinea, si è suicidato impiccandosi. Era arrivato nella Capitale da Milo (Trapani), trasferito da un altro Centro nel quale era scoppiata una rivolta a causa delle pessime condizioni di detenzione.  

Quello di Ponte Galeria è un luogo che già è stato teatro in passato della morte di Wissem Abdel Latif, giovane tunisino di 23 anni, deceduto all’ospedale San Camillo di Roma dopo tre giorni di costrizione e proveniente proprio da quel CPR. 

Le politiche nei confronti delle persone migranti hanno raggiunto livelli di disumanità che non sono più accettabili. La criminalizzazione della solidarietà, i blocchi navali, l’inasprimento di leggi come il cosiddetto “Decreto Cutro”, solo l’ultimo di una lunga serie, rappresentano una scelta politica che non ha purtroppo un solo colore. Esprimiamo una fortissima preoccupazione sulla decisione di questo governo di ampliare la rete di questi luoghi di morte, arrivando ad esternalizzarli in Albania

Di fronte a tutto questo non possiamo più tacere. 

I CPR vanno chiusi tutti. Subito.  

Documento adottato dal Comitato Nazionale di Un Ponte Per su proposta del Comitato locale di Monza e Milano.