Delegazione italiana a Rafah: il diario

7 Marzo 2024, 18:51

6 marzo – Lettera a Meloni dalla Delegazioni italiana a Rafah: necessario un immediato cessate il fuoco. Nella Striscia una catastrofe umanitaria senza precedenti.

“L’obiettivo della missione è quello di ribadire direttamente dalla frontiera più esposta del conflitto la necessità di un immediato cessate il fuoco, chiedere la liberazione degli ostaggi, seguire il percorso dei convogli umanitari, compresi quelli dell’AOI – cooperazione e solidarietà internazionale diretti nella Striscia, ed esprimere la nostra vicinanza al popolo palestinese che vive la prova più difficile dal 1948”.

E’ uno dei passaggi della lettera congiunta alla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, inviata dalla delegazione di operatori di AOI (di cui fa parte Un Ponte Per), Arci e Assopace e di parlamentari di ritorno dal valico di Rafah.

“Nei giorni che hanno preceduto il nostro arrivo alla frontiera – prosegue la lettera – al Cairo abbiamo incontrato organizzazioni palestinesi di Gaza per la difesa dei diritti umani: tutte ci hanno descritto ‘un quadro apocalittico’. L’assedio israeliano alla Striscia sta causando una catastrofe umanitaria senza precedenti, con Gaza Nord completamente isolata rispetto al resto del territorio. Al sud, nella città di Rafah, dove prima abitavano circa 280 mila persone adesso ne sono stipate 1,6 milioni, esposti alle intemperie, con cibo e acqua razionati. Un bagno ogni 600 persone, quando lo standard nelle emergenze è un bagno ogni 20. La negazione della dignità umana e dei più basilari diritti fondamentali, a Gaza, è anche questo”.

“Presidente Meloni – si legge ancora nella lettera congiunta di AOI, Arci, Assopace e  parlamentari – da qui, a poca distanza dall’orrore, Le chiediamo di programmare quanto prima una visita a Rafah – come ha già fatto all’inizio della crisi in Israele e Palestina – così da constatare direttamente la gravità della situazione. Le chiediamo anche di dare seguito all’indirizzo recentemente dato dal Parlamento all’Esecutivo  per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi. Affinché tali impegni si traducano in azioni concrete, le chiediamo di adoperarsi per garantire che l’azione e il voto del nostro Paese negli organismi internazionali a cominciare dalle Nazioni Unite siano coerenti con le indicazioni del Parlamento”.

“Tutti i nostri interlocutori – sottolinea la lettera alla Presidente del Consiglio – ce lo hanno più volte ripetuto: il cessate il fuoco è la priorità assoluta, la precondizione per un’adeguata risposta ai bisogni sempre più urgenti della popolazione. E’ indispensabile poi aumentare il flusso degli aiuti, sostenere e implementare lo strumento dei corridoi umanitari e che le agenzie umanitarie abbiano la garanzia di un accesso incondizionato in ogni parte della Striscia. Al valico di Rafah, mentre Le stiamo scrivendo, oltre 1500 camion sono bloccati e in attesa di entrare”.

L’appello del nostro co-presidente Alfio Nicotra di fronte al valico di Rafah

“In questo contesto – si legge ancora nella lettera – è fondamentale sostenere chi da sempre opera nella Striscia: l’UNRWA, spina dorsale del sistema umanitario a Gaza, insostituibile non solo a Gaza e in Cisgiordania, ma anche negli altri paesi dove opera a sostegno dei 5,7 milioni di rifugiati palestinesi: Giordania, Libano e Siria.  Definanziare l’UNRWA e minarne l’operatività significherebbe creare ulteriore instabilità nell’intera Regione, un rischio che non possiamo certo correre”.

“Chiediamo infine – conclude la lettera alla Presidente del Consiglio – che il governo italiano voglia rispettare e dare seguito alle decisioni, già assunte e future, della Corte Internazionale di Giustizia e di ogni altro organo giurisdizionale internazionale”.

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5 marzo – Gaza, un quadro apocalittico. La delegazione italiana arrivata al valico di Rafah

Guarda il servizio sulla Delegazione di Rainews

La delegazione organizzata da AOI, in collaborazione con Arci, Assopace Palestina, Un Ponte Per e tante altre ONG, composta da 50 persone tra parlamentari, associazioni, accademici e giornalisti è giunta questa mattina al valico di Rafah.

I camion di aiuti umanitari, realizzati grazie alle donazioni di cittadine e cittadini, gruppi, comunità e al contributo importante della Fondazione Con Il Sud, hanno attraversato il valico. Lungo la strada ci sono però migliaia di altri convogli bloccati.

Sappiamo che questi aiuti sono una goccia nel mare di sofferenze che si vivono al di là di questa frontiera.

Dal valico di Rafah la delegazione italiana torna a lanciare ancora una volta un appello accorato per chiedere il cessate il fuoco permanente.

La popolazione è allo stremo. Gli aiuti da soli non bastano. Ciascuno deve assumersi le proprie responsabilità per questa catastrofe umanitaria.

Nei giorni che hanno preceduto l’arrivo della delegazione alla frontiera, al Cairo ci sono stati gli incontri con le organizzazioni palestinesi per la difesa dei diritti umani, come Al Mezzan e Palestinian Centre for Human Rights, organizzazioni umanitarie internazionali come MSF ed Oxfam, agenzie delle Nazioni Unite come OMS, UNRWA e OCHA e, infine, la Mezzaluna rossa egiziana: tutte hanno descritto “un quadro apocalittico”.

Nella Striscia si sta consumando una catastrofe umanitaria senza precedenti.

Per questi motivi dal valico di Rafah la delegazione torna a ribadire direttamente dalla frontiera più esposta del conflitto la necessità di un immediato cessate il fuoco, di tutelare l’incolumità della popolazione civile, garantendo la fornitura di aiuti umanitari all’interno della Striscia, e di sostenere ogni iniziativa per la liberazione degli ostaggi israeliani.

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4 marzo 2024 –
“Siete la delegazione più numerosa mai arrivata a Rafah” ha detto Amani Salah, responsabile per gli affari umanitari e coordinatrice degli aiuti per Gazadi OCHA (Office for the Coordination of HumanitarianAffairs), agenzia dell’Onu che insieme a UNRWA (United Nations Relief and Works Agency) e  la Mezzaluna Rossa hanno incontrato questa mattina i parlamentari, i giornalisti e le ong della Carovana solidale organizzata da AOI, insieme ad Arci e Assopace  Palestina, giunta ieri al Cairo e in partenza oggi per Al Arish e il valico di Rafah.


Le dichiarazioni del co-Presidente di Un Ponte Per Alfio Nicotra e membro del Direttivo AOI.

Incontri istituzionali di estrema importanza per inquadrare la situazione che attende sia la Carovana al valico, che la comunità internazionale al rientro. “Non abbiamo più aggettivi per descrivere quello che sta accadendo dentro Gaza – ha detto Richard Brennan, direttore per l’emergenza regionale della World Health Organization –non sappiamo più come definirlo, siamo al di là della catastrofe”. 

Brennan ha infatti condiviso alcune statistiche drammatiche sullo stato del sistema sanitario a Gaza. “Considerate che in questo momento 400/600 persone condividono un bagno, nello standard internazionale dovrebbe essere un numero non superiore a 20. Si tratta di una chiara violazione della dignità umana. Inoltre, dall’inizio delle operazioni militari il 65% delle  vittime sono minori, esattamente il contrario di quello che accade in tutti gli altri conflitti dove i minori rimangono una percentuale molto bassa. Abbiamo stimato – continua Brennan – che se il conflitto continuerà con questa progressione e escalation saranno 85mila i morti sia per  bombardamenti che per le malattie, con un cessate il fuoco immediato arriveremo comunque a circa 6000 vittime in più”.

La maggiore difficoltà è rappresentata in questo momento dalla possibilità di accedere al cibo, l’alta malnutrizione e le dilaganti epidemie. Il sistema sanitario dentro la Striscia è al collasso: “abbiamo contato più di 370 attacchi alle  infrastrutture, agli ospedali e ai presidi sanitari, mancano le forniture e manca la sicurezza per la consegna e per chi lavora. Inoltre molto spesso i carichi umanitari  vengono assaltati, all’inizio erano solo persone disperate adesso ci sono vere e proprie bande criminali. Un fenomeno frequente durante le guerre, purtroppo”.  Brennan ha poi chiosato che il fatto di essersi soffermato sulla situazione a Gaza non sminuisce in nessun modo la sofferenza degli ostaggi e della popolazione israeliana.  “Quello che però è necessario ora – ha concluso – è garantire l’ingresso degli aiuti, fare un piano di ricostruzione e garantire fondi agli operatori umanitari dentro Gaza. Fondamentale in tutto questo il lavoro di UNRWA”.

Ed è Sahar Al-Jobury, responsabileper UNRWA in Egitto che racconta del lavoro dell’agenzia, da 75 anni dentro la Striscia: “Dopo gli orribili fatti del 7 ottobre,  nonostante gli attacchi, nonostante Gaza sia distrutta, il nostro personale, seppure stremato, continua a mostrare resilienza e impegno. Parliamo di 23mila persone, professionisti, che lavorano con noi. Segnaliamo però che non riusciamo in nessun modo a raggiungere il Nord della Striscia. Solo 12 le missioni dall’inizio del conflitto. In questo contesto – aggiunge – il lancio degli aiuti dal cielo è una pratica inadeguata e costosa”.

L’UNRWA ospita attualmente 1 milione di sfollati e dà loro cibo e servizi essenziali, oltre al supporto psicologico per 11mila persone e attività ricreative per bambini. Oltre a questo facilita e coordina il lavoro delle altre agenzie, rimane la  spina dorsale degli aiuti. “Togliere i finanziamenti a UNRWA è un’operazione molto miope e – chiude – è necessario che con il cessate il fuoco siano immediatamente  aperti più valichi da dove far entrare i beni commerciali e il carburante. Oggi entrano 100 camion di media, contro i 500 che entravano prima della guerra e i 200 di gennaio. La fame e la carestia stanno attanagliando Gaza, e 1 persona su 5 è malnutrita”.

La vera preoccupazione è però il futuro di Gaza: “E’ molto difficile per la  popolazione immaginarsi un domani – dice AdnanAbu Hasna, Media Advidors UNRWA Gaza – specialmente tra i giovani, tra i quali si registrava già un tasso disoccupazione del 90% prima del conflitto e un alto tasso di suicidi. Il 90% della popolazione non ha a che fare con i partiti politici ma è il target di questa guerra. Se uno vede la propria casa distrutta, la propria famiglia sterminata, non ha nessun posto sicuro dove andare, nessun sogno per il futuro che cosa gli rimane? Un giorno questo potrebbe essere riempito da gruppi di estremisti come l’Isis. Soprattutto se venisse a mancare una struttura come l’UNRWA”.

Eppure la popolazione di Gaza, a dispetto del conflitto, dell’assedio e della disoccupazione è una popolazione ad alto tasso di istruzione superiore e universitaria, dice Amani Salah di OCHA  illustrando altri dati: “AGaza oggi ci sono 17mila bambini e bambine non accompagnati o separati dalle famiglie. Circa 8000 aspettano di uscire”. OCHA insieme alla Mezzaluna Rossa gestisce un hub logistico e tutte le complesse procedure per l’ingresso delle merci. Abbiamo 7 hub – dice Lofty Ghaith, responsabile per la Mezzaluna Rossa delle operazioni ad Al Arish – nella zona del canale di Suez, a Ismailya e da lì supportiamo i nostri colleghi dentro Gaza.  Abbiamo cominciato le operazioni già dall’8 ottobre, ma non pensavamo che saremmo arrivati a 5 mesi di conflitto”.

Siamo oltre la catastrofe, non sospendere gli aiuti a Gaza.

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3 marzo 2024 – La delegazione organizzata da AOI, in collaborazione con Arci e Assopace Palestina, di operatrici e operatori umanitari, dirigenti associativi, parlamentari, giornaliste e giornalisti, è giunta oggi al Cairo. Alla delegazione partecipa anche Un Ponte Per e il co-Presidente, Alfio Nicotra.

La delegazione porterà il messaggio lanciato da ottobre dalla società civile italiana per il cessate il fuoco, per l’aiuto umanitario, per la ripresa delle trattative diplomatiche e per la pace, guidate dalle Nazioni Unite.

Più di 30.000 morti nella Striscia, 70mila feriti, 2 milioni ormai tra persone deportate lontano dalle proprie case, quasi 1 milione di profughi ammassati al confine con l’Egitto: 2/3 del territorio della Striscia è ormai distrutto.

Se non si muore per bombardamenti, proiettili e violenze, a Gaza adulti e tantissime/i minorenni sono in pericolo di vita per fame e sete, malattie, infezioni causate da condizioni igieniche insostenibili.

Gli ospedali sono senza medici e approvvigionamenti sanitari. È una crisi umanitaria gravissima, un orrore per l’umanità.

Nei prossimi giorni la delegazione si muoverà verso il valico di Rafah per seguire il percorso degli aiuti umanitari acquistati grazie alla raccolta fondi #EmergenzaGaza.

Oggi l’incontro con alcuni difensori e difensore dei diritti umani palestinesi e ong internazionali per raccogliere le loro voci e denunce.

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Il cessate il fuoco è l’unica soluzione per la sopravvivenza di Gaza.

Centinaia di migliaia di persone mentre stiamo parlando stanno morendo di fame a Gaza. Per sopravvivere stanno cercando cibo per animali. Siamo nel 2024. E’ il fallimento dell’umanità. Abbiamo Fallito tutti”. Omar Ghrieb, policy officer Oxfam a Gaza e storico attivista palestinese è intervenuto insieme ad altri difensori dei diritti umani palestinesi e ong internazionali al primo incontro organizzato a Il Cairo nell’ambito della carovana solidale organizzata da AOI, insieme ad Arci e Assopace Palestina.

La delegazione composta da operatrici e operatori umanitari, dirigenti associativi, parlamentari, giornaliste e giornalisti, esperti ed esperte di diritto internazionale domani si muoverà domani verso Gaza per chiedere ancora una volta e ancora più forte il cessate il fuoco.

“L’unico modo – continua Omar – per fare arrivare gli aiuti umanitari. Come palestinese io vi chiedo di non normalizzare l’orrore di Gaza vi supplico di amplificare le nostre voci”.

La situazione, già gravissima sta precipitando: 30 mila morti, 8000 dispersi, 2 milioni di sfollati: “Israele ha dichiarato di voler attaccare Hamas ma sta attaccando la popolazione civile – ha dichiarato Helen Patterson, responsabile Unità di emergenza a Gaza MSF durante lo stesso incontro -. Questo non è più sopportabile. Questo livello di distruzione non ha precedenti. La situazione sanitaria è inimmaginabile. Quello che riusciamo a fare è solo una goccia in un oceano”.

A Gaza è in corso un genocidio – denuncia anche Basel Sourani del Palestinian Center for Human Rigthsnon è una guerra, è un preciso attacco verso la popolazione. E la comunità internazionale non lo riconosce ancora, nonostante la sentenza della corte internazionale di giustizia. Tre giorni fa abbiamo assistito a un episodio molto grave: 112 persone uccise mentre aspettavano cibo. Sono i sacchi di farina più costosi della storia dell’umanità”.

La parola chiave è accountability – dice invece nel suo intervento Issam Younis della Palestinian Medical Relief SocietyIsraele deve rendero conto non solo per i crimini che sta commettendo adesso a Gaza ma anche tutte le ingiustizie che ha perpetrato in questi 70 anni di Occupazione”.

La carovana con la delegazione italiana, nata per sensibilizzare la società civile e l’opinione pubblica italiana sul cessate il fuoco e per la ripresa delle trattative diplomatiche per la pace, guidata dalle Nazioni Unite, si muoverà domani verso il valico di Rafah anche per seguire il percorso degli aiuti umanitari acquistati grazie alla raccolta fondi #EmergenzaGaza.

Sperando di riuscire a consegnarliha detto Alfio Nicotra, co-Presidente di Un Ponte Pere a far arrivare il nostro sostegno alla popolazione di Gaza”.