L’estate paziente

24 Agosto 2016, 15:01

Una nuova testimonianza dal “Solidarity Van”, in questi giorni nei pressi del campo di Softex (Salonicco), che ospita circa 1.000 persone in prevalenza siriani in condizioni estremamente difficili.

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A fine Agosto la Grecia è ancora preda di turisti di ogni tipo, che approfittano dei loro momenti di libertà per godere delle bellezze del paese. Noi, al contrario, abbiamo continuato a visitare altri siti altrettanto importanti ma ormai dimenticati.

Lagadikia, Vaiochori, Sinatex, Kavallari, Oreokastro, Frakapori-Sindos, Diavata, Vasilika, Softex etc. Anche per questo mese le nostre mete sono state queste. Non sono nomi di spiagge bianche e assolate ma sono i famosi campi militari in cui vengono “ospitati” migliaia di migranti.

Ogni campo presenta situazioni differenti, gli aspetti “positivi” dipendono principalmente dalle organizzazioni che gestiscono il campo, mentre le problematiche sono, molto spesso, comuni a tutti.

I campi militari sono localizzati tutti intorno all’area industriale di Salonicco, totalmente desolata e abbandonata a causa della crisi. Una serie di vecchi capannoni dismessi, che hanno trovato una nuova funzione grazie alla politica adottata per gestire l’emergenza dei  migranti.

Tra i diversi campi militari sparsi a macchia d’olio possiamo prenderne d’esempio alcuni per cercare di capire la situazione generale. Nel campo di Diavata, che rappresenta l’esempio principale di come il governo greco vorrebbe impostare i campi, sono presenti i container e le tende per ospitare i rifugiati. Sono presenti docce e bagni in numero sufficiente. Il presidio sanitario è permanente e si organizzano attività per bambini.

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Tra tutti i campi questo messi in piedi dalle autorità greche, questo è il migliore, il più efficiente. Ma basta una visita negli altri campi per iniziare una lenta discesa in un girone dantesco.

I campi di Lagadikia e Vaiochori sono esattamente nel mezzo del niente. Le strutture non si trovano in condizioni pessime: sono presenti i servizi essenziali, associazioni e ONG si recano sul posto regolarmente. Ma la città di Salonicco dista 40 chilometri e i villaggi più vicini almeno 10.

Il campo di Sinatex si trova a 20 chilometri da Salonicco, in una radura vicino all’omonima fabbrica. Tutto intorno al campo militare solo prati incolti e assolati, molto caldo e poche attività da svolgere. Nel capannone ci sono all’incirca sulle 200 persone, in prevalenza curdi. Nel campo sono presenti i servizi essenziali e anche qui il presidio medico funziona. Un piccolo gruppo di volontari indipendenti ha costruito una tenda dove svolgere attività ludiche e scolastiche.

Il campo di Vasilika invece ospita sulle 500-700 persone e si trova in condizioni ottimali. I rifugiati che vivono qui provengono quasi tutti dalla vecchia stazione Eko. Il campo presenta i servizi essenziali sufficienti per tutte le persone presenti, il presidio medico non è sempre attivo ma sembra non essere vissuto come un problema. Le condizioni generali del campo sono buone.

Qui vi sono sono due gruppi che possiedono delle attrezzature per cucinare, ognuno ha le sue proprie specialità: chi hot dogs e panini, chi invece falafel e pane appena sfornato.

Il campo è seguito dal gruppo dei Bomberos catalani, che recentemente hanno affittato un terreno accanto al campo, dove sono state costruite una scuola e uno spazio donne.

L’ultimo girone dell’inferno spetta al campo di Softex. Attualmente ci vivono 1.000 persone, con pochi servizi essenziali, bagni e docce non sufficienti e un presidio medico inesistente.

L’hangar, dove sono sistemate la maggior parte delle tende, è un posto opprimente, insalubre, triste. Lo spiazzo fuori invece è battuto dal sole per 13 ore al giorno, con temperature che arrivano ai 40° senza troppa difficoltà. Vivere nelle tende fuori è soffocante. Non c’è vento, non c’è aria, tutto sembra immobile, fisso nel tempo. La vista in lontananza si perde e mischiandosi con il sole crea miraggi.

Il campo è attraversato da una fortissima tensione interna, gli animi sono esasperati. Qualche giorno fa nel mezzo di un immobile pomeriggio come tanti, è stata bruciata una tenda. La polizia non si è neanche scomodata a spegnere l’incendio che avrebbe potuto dilagare nel campo.

Nelle scorse settimane, a causa di una rissa dentro il campo, circa 50 persone sono state cacciate dalle proprie tende e spostate di forza sulla ferrovia dagli altri rifugiati. Ora, tra i binari morti e i vagoni arrugginiti, vivono circa 40 persone, senza altra via d’uscita che raggiungere la Serbia con i tanti treni merci che passano di li. L’unica consolazione è che alcuni ci riescono davvero. Ufficialmente non ci sono problemi sanitari evidenti, non ufficialmente c’è una epidemia di Stafilococco. Quasi tutte le persone presenti sono pieni di punture di insetti e zanzare, molti hanno le punture che si sono trasformate in ferite infette che non guariscono da giorni. Una situazione di abbandono quasi totale.

Nell’estate greca, qui si vive in un mondo parallelo, isolati e invisibili al mondo circostante. Ogni giorno sempre uguale, sempre lo stesso, all’ombra di una tenda contando i secondi, i minuti, le ore.

Nessuno spiega loro cosa e come devono fare, la pre-registrazione è finita e ora si aspetta l’asilo o i programmi di rilocazione, ma sembra che l’unica parola d’ordine esistente sia aspettare.

Qualche settimana fa Syriza e la polizia di Salonicco hanno deciso di sgomberare tre squats abitativi per famiglie di rifugiati. Indipendenti e autorganizzati. Troppo visibili alla città, troppo presenti e soprattutto non controllabili.

Il governo di Syriza, nel frattempo, ha riaffermato la sua priorità e supremazia nel gestire le questioni sociali: loro hanno stabilito i campi e saranno loro a decidere quando i bambini verranno scolarizzati o le famiglie spostate in case attualmente vuote.

I giochi politici sulla pelle delle persone susseguono incessantemente mentre la loro situazione resta cosi, immobile.

David Ruggini – Operatore di Un ponte per…