Siamo una squadra!

30 Luglio 2018, 15:11

In Iraq, insieme al nostro staff iracheno e siriano, una giornata dedicata al nostro benessere psicologico. Per essere sempre più efficaci nell’aiutare le persone che ne hanno bisogno. 

 

L’idea di organizzare una giornata di team building e prevenzione del burnout – il termine con cui nel nostro settore si indica l’esaurimento psico-emotivo di operatrici e operatori umanitari/e, a causa dei contesti difficili in cui operano – è nata dal fatto che il nostro staff, in Iraq, lavora tutti i giorni con persone rifugiate dalla Siria, che vivono nei campi profughi, e alle quali offre servizi di salute mentale e sostegno psico-sociale.

1

In gran parte il nostro staff è composto da persone a loro volta rifugiate, o sfollate interne fuggite dalle guerre che hanno investito l’Iraq e la Siria in questi anni. Questo le espone a grandi livelli di stress, e a rivivere quotidianamente i propri traumi.

3

Per questo, abbiamo pensato fosse importante organizzare un momento per prenderci cura anche di loro, pensare al loro benessere, e creare confidenza e fiducia tra le tante persone del nostro staff che attualmente lavorano in 4 campi per persone rifugiate nell’area di Erbil.

E’ qui che vivono tante persone anche del nostro staff siriano, e non sono molte quindi le occasioni per staccare e allontanarsi dalle difficili condizioni quotidiane cui sono costrette. Con questa giornata, quindi, abbiamo voluto ritagliarci un momento solo per noi, lontano dal lavoro, dai campi, dai problemi familiari e dai ricordi brutti.

Abbiamo condiviso le nostre esperienze, l’importanza del nostro benessere sul luogo di lavoro, le nostre paure e le nostre speranze.

5

Alla giornata hanno partecipato i nostri psichiatri curdi-iracheni; i coordinatori e le coordinatrici del lavoro nei campi; le operatrici e gli operatori sociali, anche loro rifugiati dalla Siria; i consulenti e le consulenti per il sostegno psicosociale, e la nostra Martina, che è partita dall’Italia e oggi vive in Iraq per coordinare il nostro lavoro.

Abbiamo imparato come riconoscere, prevenire e gestire il burnout; e abbiamo lavorato per rinforzare i legami di conoscenza e fiducia tra di noi.

Cosa più importante, abbiamo capito di essere un squadra, e di non dover avere paura di chiedere aiuto se ne abbiamo bisogno.

Perché per aiutare le altre persone bisogna stare bene con noi stessi/e. E abbiamo ancora tanta strada da fare per sostenere le tante famiglie rifugiate siriane che aspettano di poter fare ritorno.