La culla della civiltà: il lavoro del Ponte in difesa del patrimonio mesopotamico

16 Dicembre 2021, 12:06

Nel deserto che separa il Mediterraneo dal Golfo Persico c’è un tesoro. Un vero dono per l’umanità, che ha resistito di fronte ai millenni, al passaggio dei popoli, alle razzie, alle guerre. Un luogo da riscoprire, nel rispetto dell’ambiente e della sua storia.

É un luogo dove la civiltà umana conserva nascosta la sua culla e insieme il suo mistero, nonostante la tirannia del tempo e la crudeltà che gli uomini hanno dimostrato. La Mesopotamia è un posto antico, il più antico forse: come diceva il Maestro Battiato veniamo un po’ tutti dalla più alta civiltà dei Sumeri. In realtà anche Toon, un ragazzo belga di 34 anni, in qualche modo proviene da lì ed è lì che ha scelto di tornare. All’università studia storia, arriva in Iraq quasi 10 anni fa e sceglie di dedicare tutto il suo tempo e la sua passione alla conservazione dell’immane patrimonio archeologico e ambientale iracheno. Così comincia a fare volontariato con l’Iraqi Civil Society Solidarity Initiative (ICSSI), dopo aver preso contatto con attivisti/e locali. Partecipa all’Iraqi Social Forum a Baghdad nel 2013, visita per la prima volta il sito di Ur, la grande Ziqqurat, la casa di Abramo e le paludi mesopotamiche. Ne resterà folgorato fino ad innamorarsene. “Un paradiso del genere, come ha potuto sopravvivere alle guerre, ai bombardamenti, agli sversamenti di materiali tossici di ogni tipo?” – ancora oggi si chiede. In effetti è un piccolo miracolo che tutto ciò sia arrivato fino a giorni nostri, vista la triste storia recente dell’Iraq. Nel 2014 conosce noi di Un Ponte Per e da quel momento comincia il nostro cammino insieme.
Da allora ho abbracciato il mio percorso al fianco della società civile irachena, collaborando con ‘Save the Tigris’, una rete di attivisti/e ambientali della Mesopotamia che lotta quotidianamente per salvare il grande fiume da una morte annunciata”.

Dall’anno scorso Toon è coordinatore del progetto di Un Ponte Per “Sumereen”, un progetto finanziato da UNDP e Unione Europea, che sta avviando un sistema di salvaguardia ed eco-turismo per gli antichi siti archeologici sumeri e la zona umida delle paludi irachene.

Le paludi di fianco al deserto: bufali acquatici che sguazzano immersi fino alle corna nell’acqua torbida, come fossero ippopotami nella valle tra i due fiumi. “Mi pare incredibile che le paludi siano state introdotte nel patrimonio dell’UNESCO solo nel 2016. Sono un paradiso delle zone umide. Hanno una propria cultura, usi, costumi e tradizioni sumere antichissime. Circa 5/6.000 anni di storia”- spiega il nostro coordinatore.
E in effetti gli/le abitanti delle paludi, vivono e lavorano ancora in un rapporto simbiotico e totalmente sostenibile con il loro ambiente naturale, come se il tempo e gli eventi non li avessero mai disturbati nella loro routine. Fanno affidamento sulla palude per il cibo e le risorse, sempre mantenendo un equilibrio perfetto con l’ecosistema. Forse è questo il segreto della loro sopravvivenza: la cultura delle paludi è in totale armonia con l’ambiente. Ed è questo ciò che ci piacerebbe preservare. Vorremmo che le persone anziane tramandassero i mestieri tradizionali ai/lle giovani. Purtroppo i tristi eventi che il Paese ha attraversato negli ultimi 40 anni hanno messo a rischio questo ecosistema e la sua stessa sopravvivenza.

 

Con Sumereen ci proponiamo di contribuire alla conservazione del patrimonio mesopotamico, attraverso la costruzione di un intero ecovillaggio nelle paludi di Hammar, completamente in materiali ecologici, seguendo i saperi tradizionali. Il primo del suo genere in Iraq. Inoltre lavoriamo allo sviluppo e alla conservazione del sito archeologico di Ur, con l’avvio di un tour turistico sostenibile” – racconta Toon.  La grande Ziqqurat di Ur, che tutti/e abbiamo visto sui nostri libri delle elementari, è ancora lì, in piedi dopo quattro millenni e ora ammirabile in totale rispetto del luogo grazie ad un sistema di passerelle che ne protegge le superfici, anche queste predisposte nell’ambito del nostro progetto Sumereen.
Passerelle sulle quali è passato anche Papa Francesco, durante la sua visita irachena dello scorso marzo.

Allo stesso tempo il progetto vuole contribuire alla conservazione e allo sviluppo dell’artigianato tradizionale fornendo formazioni professionali ai/lle giovani sulla produzione di barche per attraversare la palude, di case costruite interamente con le canne che la natura offre, di tappeti e degli ottimi dolci derivati dai datteri.
Il nostro obiettivo non è il turismo di massa” – spiega T. – “non ci interessa. I siti del patrimonio sono molto precari, perciò i flussi di visitatori/e devono essere regolati. In questo senso parliamo di eco-turismo”. Oltre alla conservazione del patrimonio, il nostro progetto mira a sostenere i/le giovani iracheni/e per dare vita ad un’economia circolare del luogo. Come commenta il nostro coordinatore – “La creazione di posti di lavoro per giovani è uno degli obiettivi più urgenti al momento in Iraq, dove il numero di giovani disoccupati/e è altissimo. Ma vogliamo che la creazione di posti di lavoro sia armonizzata in maniera perfetta con la conservazione del patrimonio naturale e culturale”. Troppo a lungo i principi ecologici e della sostenibilità ambientale sono stati percepiti – non solo in Iraq – come interessi contrapposti allo sviluppo economico e alla creazione di posti di lavoro. Fortunatamente sono sempre di più i/le giovani interessati alla giustizia ambientale e alla sostenibilità, lo dimostra la grande rete di ragazzi e ragazze che compongono le organizzazioni Save the Tigris e Humat Dijlah, ormai da anni in prima fila sulla questione ambientale in tutto l’Iraq.
Questo significa che c’è terreno fertile per promuovere uno sviluppo basato sui principi sostenibili. Le organizzazioni locali come Humat Dijlah hanno un ruolo vitale nel promuovere la protezione delle risorse idriche irachene. Sono le stesse attiviste e attivisti a stimolare un dialogo e un controllo sulle autorità locali affinché venga rispettata la legislazione, e venga monitorato costantemente lo stato dei fiumi e delle zone umide”.

 

Nonostante il patrimonio mesopotamico sia noto praticamente in tutto il mondo, molti dei numerosi siti non sono stati accessibili negli ultimi decenni. Anche lo stesso popolo iracheno non vi ha avuto accesso per molto tempo. Un paradosso, vista l’importanza della cultura sumera per la storia dell’umanità ma – “il mondo forse è finalmente pronto a scoprirli di nuovo – afferma orgoglioso Toon – e il numero di turisti locali e internazionali sta aumentando di nuovo in Iraq”.
Infatti per la prima volta da tanto tempo arrivano al sito di Ur gruppi di turisti/e su base giornaliera. La domanda è in aumento.
Molte persone sono interessate ai souvenir delle paludi, come tappeti, ceramiche, cesti di canna, modelli di barche, formaggio, datteri e altri oggetti, anche se – “Lo voglio ribadire: non ci interessa un turismo di grandi resort, multinazionali e grandi gruppi finanziari. Puntiamo ad un numero di visite che possa sostenere la conservazione dei siti con profitti adeguati per la locale comunità accogliente”- chiarisce il nostro coordinatore. L’ecovillaggio funzionerà quindi come una sorta di primo villaggio modello ecosostenibile, costruito e gestito dalla comunità nativa del luogo, all’interno delle stesse paludi, circondato da nient’altro che acqua, canneti e bufali.
Per me le paludi mesopotamiche restano un luogo dove venire a stare in pace, lontano dalla frenesia della città, dove il ritmo del tempo scorre in modo diverso. Dove la vita è rimasta più o meno la stessa per millenni” – conclude Toon.

Toon dentro una delle case dell’eco-village nelle paludi