La pace è l’unica vittoria

15 Giugno 2023, 11:58

Per fermare la guerra è necessario fare altra guerra

Ce lo ripetono ogni giorno a media unificati mentre i governi occidentali continuano ad inviare sul campo armamenti sempre più sofisticati e devastanti. Questa ostinazione a non vedere il pantano in cui l’Europa è stata gettata dall’invasione russa dell’Ucraina – invasione che condanniamo fermamente – rappresenta un vero e proprio annebbiamento della ragione. Più la soluzione militare del conflitto si dimostra impossibile e più ci si incaponisce nel percorrerla. Dal 24 febbraio 2022 noi di Un Ponte Per abbiamo sostenuto che nessuna delle due parti, Ucraina e Russia, è in grado di vincere questa guerra e che solo il negoziato, accompagnato da un immediato cessate il fuoco, può contribuire a fermarla, aprendo una discussione vera su un sistema di sicurezza comune in cui nessuno Stato possa sentirsi minacciato da un altro.

C’è chi inneggia alla guerra, anche nucleare, incurante dei dolori che porta; chi si fa alfiere di vari interessi, randellando quotidianamente chi la pensa in maniera critica, azzerando il confronto e trasformando il dialogo in una assurda polarizzazione: amico di Putin se sei per la pace o difensore della democrazia se aderisci all’invio di armi per l’Ucraina. Perfino il Papa è stato dichiarato ‘pacifista estremista’, come se invocare la pace fosse da vigliacchi o peggio, da inetti, incapaci di ‘prendere una posizione’

Lo scriveva, con grandissima lucidità, Gianni Minà nel suo ultimo editoriale pubblicato pochi giorni prima di morire. Parole attualissime. Che relazione esiste tra il voler sostenere il popolo ucraino e la decisione britannica di avvelenarlo con l’invio di armi all’uranio impoverito? Nonostante ciò che sostengono i Generali di sua maestà, le conseguenze dell’uso di questi armamenti sulla salute della popolazione sono più che acclarati. Secondo una ricerca scientifica riportata dal The Guardian i tassi di leucemia in Iraq in conseguenza dell’uso di proiettili all’uranio impoverito durante la guerra sono peggiori rispetto a quelli registrati dopo il bombardamento di Hiroshima. Il bombardamento di Falluja ha provocato un aumento del 1.260% dei tumori infantili e del 2.200% dei tassi di leucemia. In Giappone aumentarono del 660%, circa 12 anni dopo la bomba (quando i livelli di radiazione hanno raggiunto il picco). A Falluja, l’aumento c’è stato in un lasso di tempo molto più breve, in media solo da 5 a 10 anni dopo i bombardamenti.

La prova che gli iracheni fossero stati esposti alle radiazioni risiede anche nel tasso di mortalità infantile, dell’820% più alto rispetto al vicino Kuwait. Per non parlare delle centinaia di soldati italiani che si sono ammalati in seguito all’esposizione in luoghi in cui si erano sprigionate particelle liberate dall’alta combustione indotta dall’uranio impoverito, e che sono poi morti nel tempo.

Anche per questo non ci sarà vittoria portata dalle armi. Ce lo insegna la storia di questo ultimo trentennio in cui nessuna guerra è stata vinta. George Bush, che ebbe l’ardire di dichiarare la vittoria in Iraq e in Afghanistan, è stato smentito dai fatti successivi, con decine di migliaia di morti e la crescita in tutto il Medio Oriente del terrorismo jihadista, arrivato anche in Europa.  La guerra è sempre un pessimo investimento per i popoli, arricchisce la lobby delle armi e i mercanti di morte, ma porta in grembo nuovi odi ed ingiustizie.

Per questo ci ribelliamo al presunto “realismo” di chi pianifica nuovi muri e nuove cortine di ferro nel nostro continente. Di chi ci vuole armati fino ai denti distraendo immense risorse dalle spese sociali a quelle militari. Ci pare un atto di cecità inaudita perché non solo non mette la guerra fuori dalla Storia, ma la pianifica al punto da farla diventare il dominus a cui dovranno sottostare le future generazioni.

L’idea stessa di Europa, quella pensata sotto il fascismo dai confinati di Ventotene, muore ogni giorno schiacciata da un atlantismo acritico e da un’idea muscolare delle relazioni internazionali.

Ma le nuove generazioni non vogliono essere carne da cannone per i vecchi e nuovi potenti del pianeta. Per questo sosteniamo gli obiettori di coscienza in Russia, Ucraina e Bielorussia. Per questo guardiamo con attenzione alle mobilitazioni di ragazzi e ragazze contro la devastazione ambientale causata da un modello economico sempre più incompatibile con la sopravvivenza delle specie viventi.

Vediamo nello slogan “Donna, vita, libertà”, nato nel Kurdistan siriano e fatto proprio dalle donne iraniane, qualcosa di molto simile a quello che fu per l’umanità lo slogan “Liberté, Égalité, Fraternité”. Della straordinaria presa di coscienza delle donne in Medio Oriente ne è testimonianza il bel libro della nostra Silvia AbbàIl mio posto è ovunque. Voci di donne per un altro Iraq – che abbiamo contribuito a pubblicare e che vi invitiamo caldamente a leggere.

Una nota canzone italiana dice “solo la pace è l’unica vittoria”.  Per questo continuiamo ogni giorno ostinatamente a tessere la tela dei portatori di speranza.

Editoriale di Alfio Nicotra  Co-Presidente di Un Ponte Per – in apertura del nuovo numero della nostra rivista semestrale – n. GIUGNO 2023 >>